mercoledì 27 gennaio 2010

Phonemedia e le navi delle illusioni

Quando giunse a Catanzaro, l'imprenditore duro e puro venuto dal ricco e produttivo nord per l'apertura di un grande call center, alla stragrande maggioranza dei cittadini del capoluogo non parve vero. Un imprenditore che viene ad investire in Calabria e creare così nuovi posti di lavoro non è una notizia di poco conto, soprattutto in una terra che muore di fame come la nostra. Così da quel momento in poi partirono dai nostri rappresentanti politici, dalle istituzioni locali e dalla classe imprenditoriale della città,(gli stessi più o meno che ora gridano allo scandalo) una serie infinita di acclamazioni ,con tanto di tappeto rosso, per "l'incredibile coraggio" dell'imprenditore sconosciuto, che avrebbe portato ricchezza, occupazione, oltre ad una nuova mentalità produttiva etc etc. In breve tempo iniziarono, quindi, le campagne di "reclutamento" delle centinaia di disoccupati catanzaresi, assunti senza un minimo di selezione ( c'ero anche io tra i tanti e mi è bastato compilare un semplice modulo per avere il mio bel contratto co. co.pro), nè di formazione, con la logica del "più dipendenti= più finanziamenti", rigorosamente pubblici. A questo punto non mancava proprio nulla per iniziare la nuova avventura, così la grande nave del call center potè spiegare le sue vele verso il mare magnum delle commesse(delle imprese) e dei dati sensibili(delle famiglie) da arpionare. Intanto i propri marinai venivano indottrinati alla logica del profitto a tutti i costi, pena la mancata riassunzione, e per darsi un certo tono si adottarono termini come "in e outbound", "supervisor","wholesaler", "openspace", tutte edulcorazioni per mascherare quello che il nostro legislatore qualifica semplicemente come "venditori a distanza". Purtroppo il lungo viaggio si arresta ben presto in mare aperto, facendo cadere nel totale sconforto i malcapitati marinai, i quali non possono raggiungere la propria isola felice ( il miraggio del posto fisso e di un futuro stabile), nè possono ormai tornare indietro verso un approdo sicuro, costretti alla navigazione a vista per buscarsi quel pò di rancio rimasto. I venti dei finanziamenti pubblici non soffiano più, e di tanto in tanto i naviganti ricevono pure la visita di qualche astuto pirata vestito in giacca e cravatta, rapido nell'impossessarsi dei pochi ori rimasti nelle tasche dei poveri marinai( vedi depositi bancari), ma spietato nel mandarli a picco quando questi gli tendono la mano per un sostegno( provate a chiedere un mutuo ad una banca con un contratto di call center). Il capitano di vascello con la sua bella scialuppa di salvataggio ha abbandonato la propria flotta, lasciandola in pasto agli squali creditori, che azzannano i naufraghi senza nessuna pietà, sbranando loro ogni brandello di carne rimasta. Purtroppo la nave del call center è , però,solo una delle migliaia di imbarcazioni che galleggiano nel mare della precarietà, più o meno visibili, che sfruttano senza un'adeguata remunerazione le più disparate categorie:dalle commesse dei negozi ( a proposito perchè non diamo una controllatina ai negozianti che tanto si lamentano per la chiusura di Corso Mazzini) pagate per lo più in nero, con 400 euro mensili per 8 ore di lavoro giornaliero, compresi i festivi; ai praticantanti di qualsivoglia professione(aspiranti avvocati, ingegneri,architetti), sbattuti da un ufficio all'altro, senza la possibilità di apprendere concretamente il proprio lavoro futuro, con l'aggravante di non dover ricorrere nemmeno al nero, perchè qui la gratuità della prestazione è totalmente legale; ai collaboratori di redazioni giornalistiche( scusate lo stridente conflitto d'interessi) spediti in ogni angolo della città per scrivere di assurde conferenze, senza la speranza di percepire il becco di un quattrino; ai tanti dipendenti dei vari uffici privati costretti ad accontentarsi delle briciole pur di mandare avanti la baracca. Nessuna scialuppa di salvataggio è stata lanciata da parte di chi aveva il dovere di farlo(vedi governo, regione, e altre istituzioni locali), nei confronti di questi marinai di sventura, che in preda al panico e alla morsa della fame potrebbero, un giorno o l'altro, decidere di adottare l'unica soluzione a loro plausibile: l' ammutinamento.