Fatture gonfiate, conseguente reato
di truffa e rimborsi chiesti contemporaneamente alla Provincia e al Comune di
Catanzaro, per missioni autorizzate in virtù del duplice incarico di
consigliere provinciale e comunale. Eppure, la sentenza penale in primo grado
che condanna ad un anno in su di reclusione un pezzo delle istituzioni e della
politica locale non ha destato alcuna polemica. Nessuna nota in merito, nessuna
richiesta di dimissioni, nessun comunicato, fatta eccezione quella del gruppo
consiliare provinciale del Pd che nell'immediatezza della sentenza rinnovò
immediatamente la fiducia al suo esponente Enzo Bruno. Questo Blog ha già
trattato l'argomento in un post recente (te gonfio come na fattura), ma provo
ad entrare ancora di più nel dettaglio, nel vano tentativo di rompere questa
Par Condicio del silenzio, perpetrata da tutti i partiti in virtù del fatto che
tale sentenza investe un po' tutti gli schieramenti, da destra a sinistra sino
al centro.
Ruberto, il Presidente.
Partiamo dalla carica di maggior
prestigio, ossia la presidenza del consiglio provinciale ricoperta attualmente
da Peppino Ruberto. I fatti risalgono al 2005, quando il Nostro era
semplicemente consigliere provinciale e come tale veniva periodicamente
autorizzato a svolgere le sue
missioni anche al di fuori del territorio catanzarese. Durante i suoi viaggi a
Roma, Ruberto alloggiava negli alberghi capitolini e, al suo ritorno, allegava la
fattura (rilasciata da un’agenzia di viaggi
catanzarese) relativa alle spese di pernotto alla rendicontazione da presentare all’Amministrazione Provinciale,
per ottenerne il rimborso. Purtroppo per lui, però, la Guardia di Finanza ha
verificato che gli importi pagati effettivamente agli alberghi erano inferiori
rispetto a quelli dichiarati in fattura e rimborsati dall’Ente. Per ben otto
volte la scena si ripete nelle stesse modalità, con cifre differenti e alberghi
diversi, ma su una di queste fatture (la settima) manca la prova del reato e
pertanto il Tribunale Penale di Catanzaro lo assolve. Il giudice calcola anche
il corrispondente danno per l’Amministrazione ottenuto dalla differenza di
quanto percepito a titolo di rimborso e quanto effettivamente pagato per ogni
fattura: 195 €, 240 €, 260 €, 240 €, 216,80 €, 296 € ,100 € ( per aver compreso
nella fattura anche il pernottamento di un'altra persona) per un totale
complessivo di 1.547,80 € ed una condanna ad un anno e sei mesi di reclusione
multa per Ruperto.
Verrengia e il doppio viaggio.
Modalità simili, ma con qualche differenza, hanno portato alla condanna ad un anno e due mesi di reclusione nei confronti di Emilio Verrengia, vice Presidente del Consiglio Provinciale ed esponente del Pdl. Qui le missioni e le conseguenti fatture oggetto della condanna sono “soltanto” tre, mentre in un altro caso contestato dal Pm il giudice ha provveduto all’assoluzione. E’ interessante soffermarsi su di uno specifico capo d’imputazione che vede Verrengia impegnato in una missione a Cesenatico tra il 15 e il 18 settembre del 2005, in occasione del raduno dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato. In tale circostanza- si legge nella sentenza- Verrengia ha duplicato le spese sostenute, avanzando richiesta di rimborso per le medesime voci di spesa sia al comune che alla provincia, attesa la sua doppia carica di consigliere comunale e provinciale. L’imputato riferisce a sua discolpa che in prossimità dell’arrivo a Cesenatico, a bordo della sua auto ed in compagnia di un tenente della Polizia municipale di Catanzaro, è stato raggiunto da una telefonata che lo intimava di ritornare in città per una riunione operativa che si sarebbe tenuta il giorno successivo. Una volta arrivati a Cesenatico, dunque, Verrengia afferma che è stato costretto a ripartire immediatamente per Catanzaro, e dopo la riunione erano ritornati nuovamente per partecipare alla manifestazione. Al ritorno non aveva pernottato nell’albergo prenotato precedentemente dall’agenzia di viaggi catanzarese, ma era stato costretto ad optare per un'altra struttura alberghiera. Morale della favola: la richiesta di rimborso non era gonfiata in quanto comprendeva una penale da pagare all’agenzia, per non aver disdetto in tempo l’albergo, mentre il lungo chilometraggio era dovuto al doppio viaggio. E per confermare tale versione, Verrengia chiama a testimoniare il tenente della Polizia Municipale di Catanzaro che lo aveva accompagnato nella missione di Cesenatico, il quale ribadisce la tesi del doppio viaggio (andata-ritorno, andata e ritorno) tra la Calabria e l’Emilia Romagna. Tali versioni, però, non convincono il giudice che li etichetta come illogiche, contraddittorie e poco credibili. Ma la prova che inchioda i due è da rinvenire nella documentazione acquisita in giudizio, dove da un riscontro dei pedaggi autostradali, dalle spese sostenute per il carburante e addirittura dalle consumazioni in autogrill, emerge chiaramente che i viaggi sono soltanto due, ossia andata e ritorno per Cesenatico con le relative spese sostenute nei giorni 15 e 18 settembre. Risultato: condanna per Verrengia e attestazione di non veridicità per le dichiarazioni rese in dibattimento dal tenente della Polizia Municipale, nei confronti del quale il Tribunale affida alla Procura le valutazioni del caso per un eventuale e autonomo procedimento penale.
Modalità simili, ma con qualche differenza, hanno portato alla condanna ad un anno e due mesi di reclusione nei confronti di Emilio Verrengia, vice Presidente del Consiglio Provinciale ed esponente del Pdl. Qui le missioni e le conseguenti fatture oggetto della condanna sono “soltanto” tre, mentre in un altro caso contestato dal Pm il giudice ha provveduto all’assoluzione. E’ interessante soffermarsi su di uno specifico capo d’imputazione che vede Verrengia impegnato in una missione a Cesenatico tra il 15 e il 18 settembre del 2005, in occasione del raduno dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato. In tale circostanza- si legge nella sentenza- Verrengia ha duplicato le spese sostenute, avanzando richiesta di rimborso per le medesime voci di spesa sia al comune che alla provincia, attesa la sua doppia carica di consigliere comunale e provinciale. L’imputato riferisce a sua discolpa che in prossimità dell’arrivo a Cesenatico, a bordo della sua auto ed in compagnia di un tenente della Polizia municipale di Catanzaro, è stato raggiunto da una telefonata che lo intimava di ritornare in città per una riunione operativa che si sarebbe tenuta il giorno successivo. Una volta arrivati a Cesenatico, dunque, Verrengia afferma che è stato costretto a ripartire immediatamente per Catanzaro, e dopo la riunione erano ritornati nuovamente per partecipare alla manifestazione. Al ritorno non aveva pernottato nell’albergo prenotato precedentemente dall’agenzia di viaggi catanzarese, ma era stato costretto ad optare per un'altra struttura alberghiera. Morale della favola: la richiesta di rimborso non era gonfiata in quanto comprendeva una penale da pagare all’agenzia, per non aver disdetto in tempo l’albergo, mentre il lungo chilometraggio era dovuto al doppio viaggio. E per confermare tale versione, Verrengia chiama a testimoniare il tenente della Polizia Municipale di Catanzaro che lo aveva accompagnato nella missione di Cesenatico, il quale ribadisce la tesi del doppio viaggio (andata-ritorno, andata e ritorno) tra la Calabria e l’Emilia Romagna. Tali versioni, però, non convincono il giudice che li etichetta come illogiche, contraddittorie e poco credibili. Ma la prova che inchioda i due è da rinvenire nella documentazione acquisita in giudizio, dove da un riscontro dei pedaggi autostradali, dalle spese sostenute per il carburante e addirittura dalle consumazioni in autogrill, emerge chiaramente che i viaggi sono soltanto due, ossia andata e ritorno per Cesenatico con le relative spese sostenute nei giorni 15 e 18 settembre. Risultato: condanna per Verrengia e attestazione di non veridicità per le dichiarazioni rese in dibattimento dal tenente della Polizia Municipale, nei confronti del quale il Tribunale affida alla Procura le valutazioni del caso per un eventuale e autonomo procedimento penale.
Brutto e il fascicolo scomparso.
Anche per Tommaso Brutto un capo
di condanna riguarda un doppio rimborso chiesto sia alla Provincia che al
Comune di Catanzaro per una missione autorizzata da entrambi gli enti. In
questo caso Brutto non solo duplicava i costi di viaggio, vitto e alloggio, ma
indicava il mezzo aereo per la Provincia ed il mezzo proprio per il Comune. Le
altre fatture gonfiate e contestate relative sempre a missioni sono in tutto
dodici ma solo dieci si trasformano in condanna ad un anno e dieci mesi di
reclusione. Le somme intascate
con la truffa sono rispettivamente di 190,20 €, 190,20 €, 371,80 €, 260 €, 280 €, 263,60 €, 909 € ( per aver
compreso nella fattura anche i pernottamenti della moglie e dei due figli), 392
€, 149 €, 280 € per un totale complessivo di 3.285,80 euro. “Ed io
pago!”avrebbe esclamato il grande Totò. Nel condannare Brutto, il giudice
premette che per alcune richieste di rimborso non sono stati rinvenuti presso
l’amministrazione provinciale di Catanzaro i fascicoli contenenti la
documentazione circa le spese sostenute e rimborsate. Per questa vicenda era
stata aperta un’indagine nei confronti dello stesso Brutto, al quale era
attribuita la sottrazione di tali fascicoli. Tuttavia, in sede preliminare
veniva prosciolto per non aver commesso il fatto, anche se nelle motivazioni si evidenzia che gli elementi
raccolti a suo carico, "per quanto dotati di un certo peso indiziario", non erano
comunque sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio
Bruno, tengo famiglia.
Per Enzo Bruno la faccenda è
molto più semplice. Le truffe riconosciute dalla sentenza sono essenzialmente due,
rispettivamente di 298 e 52 euro, sempre per missioni autorizzate in quel di
Roma, dove nella richiesta di rimborso spese l’attuale capogruppo del Pd alla
Provincia include anche le spese relative ai pernottamenti di moglie e figlia.
L’esiguità delle somme non ha intenerito il giudice che ha comminato un anno
tondo tondo di reclusione nei confronti di Bruno.
Tutti i condannati hanno già
proposto appello e sino al terzo grado di giudizio vale anche per loro il
principio di non colpevolezza. Ma dall’intera vicenda si possono comunque
trarre alcune valutazioni che esulano dall’aspetto penalmente rilevante. La
prima è che la media delle missioni fuori Catanzaro si attesta ad una cifra intorno
ai 1.500 €, per appena due notti a Roma (comprensive di viaggio, vitto e
alloggio ovviamente). Con una cifra decisamente inferiore si potrebbe prenotare
un viaggio per quattro giorni a Londra, per due persone, in un hotel tre stelle
nei pressi di Notting Hill . Ma ammettiamo
pure che quelle somme elargite dalla Provincia siano quanto effettivamente
sborsate dai consiglieri, siamo sicuri
che un Ente pubblico possa permettersi il lusso di pagare i viaggi autorizzati
di circa 40 persone tra presidente, assessori e consiglieri provinciali? Infine, visto l'andazzo delle doppie richieste di rimborso agli enti di appartenenza, siete ancora sicuri di voler votare un vostro futuro candidato già impegnato a ricoprire una carica politica?
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