martedì 8 aprile 2014

La leggenda della sala d'incisione maledetta



Era una notte buia e tempestosa ( in realtà, era un tranquillo pomeriggio del 2011) quando un nugolo di uomini armati di forbici affilate e nastri colorati recisero l'ultimo varco che conduceva alle stanze del mistero. La sala di registrazione e incisione catanzarese vedea finalmente la luce nelle sale de lo Conservatorio musicale. Strumenti musicali brillanti e nuovi di zecca, mixer pronti per elevare il volume della creatività, microfoni accesi per dar libero sfogo ai pruriti sonori dei giovani virgulti cittadini. Squillino le trombe, rullino i tamburi, urlino i banditori per lo proclama: Catanzaro è, finalmente, città de lo studio e de le arti. Ma forze oscure e a noi ignote si abbatterono presto sui tre colli giallo-rossi avvolgendoli in una maledizione infernale dal nome impronunciabile: regolamento. Senza lo regolamento, la stanza dei futuri menestrelli era del tutto inaccessibile, le sue porte sigillate, i suoi strumenti inviolabili. "Apriti sesamo" provarono a proferire negli anni i giovani virgulti, ma cotanta speme ed ingegno non sortì alcun esito davanti all'uscio sempre più invalicabile. Tre reggenti si alternarono, intanto, a Palazzo De Nobili: l'uomo il cui nome rimanda all'antico simbolo della pace, il signore che fece per "viltade il gran rifiuto" ed infine un discendente del patriarca ebraico. Vani furono i tentativi dei tre paladini per scacciare via la maledizione della sala d'incisione. Ma ecco arrivare tosto ( dopo soli quattro anni) lo regolamento tanto agognato. Risquillino le trombe, rirullino i tamburi: il proclama ne ha decretato l'approvazione, ma non del tutto però, solo in commissione. Il mistero continua, il sortilegio della sala d'incisione attende, ora ( si fa per dire, sono trascorsi più di sei mesi) il voto de lo Consiglio per essere infranto. In lontananza si ode lo strimpellar di una nota canzone "Eh mai possibile, o porco di un cane, che le avventure in codesto reame, debban risolversi tutte con grandi panzane".
(Tratto da una storia vera)

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