mercoledì 28 marzo 2012

A voi


A voi che leggete di nascosto questo blog solo per spiare e accusare...

A voi potenti di turno che credete di poter controllare tutto e tutti...

A voi che minacciate querele solo per coprire le vostre malefatte...

A voi sovrani da strapazzo che sentite tremare la terra sotto i piedi...

A voi giullari e consiglieri di corte, servi di un impero in decadenza...

A voi che pensate di catalogare il mondo e le persone secondo miseri schieramenti partitici...

A voi che barattate per qualche spicciolo il vostro omertoso silenzio..

A tutti quanti voi...sappiate che esistono ancora uomini e donne completamente liberi, che non hanno né padrini, né padroni e tanto meno Santi in paradiso. Sappiate che c'è qualcuno disposto ancora a non cedere ai vostri ricatti, alla vostra elemosina, al vostro gioco accomodante, al vostro sistema di complicità, di omissioni, di scheletri negli armadi. Sappiate che nella vita non tutto ha un prezzo, e che la nostra più grande debolezza su cui voi fate leva, quella di non avere uno straccio di lavoro, può essere in realtà la nostra più grande forza. Tutto è più facile quando non si ha più nulla da perdere. Tutto diventa raggiungibile quando si corre senza la stretta del guinzaglio al collo. A voi dedico questo video...e come dice il grande Bertoldo: "Ora fatelo a me"!

martedì 13 marzo 2012

Te gonfio come na fattura...il ritorno


Fatture gonfiate, conseguente reato di truffa e rimborsi chiesti contemporaneamente alla Provincia e al Comune di Catanzaro, per missioni autorizzate in virtù del duplice incarico di consigliere provinciale e comunale. Eppure, la sentenza penale in primo grado che condanna ad un anno in su di reclusione un pezzo delle istituzioni e della politica locale non ha destato alcuna polemica. Nessuna nota in merito, nessuna richiesta di dimissioni, nessun comunicato, fatta eccezione quella del gruppo consiliare provinciale del Pd che nell'immediatezza della sentenza rinnovò immediatamente la fiducia al suo esponente Enzo Bruno. Questo Blog ha già trattato l'argomento in un post recente (te gonfio come na fattura), ma provo ad entrare ancora di più nel dettaglio, nel vano tentativo di rompere questa Par Condicio del silenzio, perpetrata da tutti i partiti in virtù del fatto che tale sentenza investe un po' tutti gli schieramenti, da destra a sinistra sino al centro.

Ruberto, il Presidente.
Partiamo dalla carica di maggior prestigio, ossia la presidenza del consiglio provinciale ricoperta attualmente da Peppino Ruberto. I fatti risalgono al 2005, quando il Nostro era semplicemente consigliere provinciale e come tale veniva periodicamentete autorizzato a svolgere le sue missioni anche al di fuori del territorio catanzarese. Durante i suoi viaggi a Roma, Ruberto alloggiava negli alberghi capitolini e, al suo ritorno, allegava la fattura (rilasciata da un’agenzia di viaggi catanzarese) relativa alle spese di pernotto  alla rendicontazione da presentare all’Amministrazione Provinciale, per ottenerne il rimborso. Purtroppo per lui, però, la Guardia di Finanza ha verificato che gli importi pagati effettivamente agli alberghi erano inferiori rispetto a quelli dichiarati in fattura e rimborsati dall’Ente. Per ben otto volte la scena si ripete nelle stesse modalità, con cifre differenti e alberghi diversi, ma su una di queste fatture (la settima) manca la prova del reato e pertanto il Tribunale Penale di Catanzaro lo assolve. Il giudice calcola anche il corrispondente danno per l’Amministrazione ottenuto dalla differenza di quanto percepito a titolo di rimborso e quanto effettivamente pagato per ogni fattura: 195 €, 240 €, 260 €, 240 €, 216,80 €, 296 € ,100 € ( per aver compreso nella fattura anche il pernottamento di un'altra persona) per un totale complessivo di 1.547,80 € ed una condanna ad un anno e sei mesi di reclusione multa per Ruperto.

Verrengia e il doppio viaggio.
Modalità simili, ma con qualche differenza, hanno portato alla condanna ad un anno e due mesi di reclusione nei confronti di Emilio Verrengia, vice Presidente del Consiglio Provinciale ed esponente del Pdl. Qui le missioni e le conseguenti fatture oggetto della condanna sono “soltanto” tre, mentre in un altro caso contestato dal Pm il giudice ha provveduto all’assoluzione. E’ interessante soffermarsi su di uno specifico capo d’imputazione che vede Verrengia impegnato in una missione a Cesenatico tra il 15 e il 18 settembre del 2005, in occasione del raduno dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato. In tale circostanza- si legge nella sentenza- Verrengia ha duplicato le spese sostenute, avanzando richiesta di rimborso per le medesime voci di spesa sia al comune che alla provincia, attesa la sua doppia carica di consigliere comunale e provinciale. L’imputato riferisce a sua discolpa che in prossimità dell’arrivo a Cesenatico, a bordo della sua auto ed in compagnia di un tenente della Polizia municipale di Catanzaro, è stato raggiunto da una telefonata che lo intimava di ritornare in città per una riunione operativa che si sarebbe tenuta il giorno successivo. Una volta arrivati a Cesenatico, dunque, Verrengia afferma che è stato costretto a ripartire immediatamente per Catanzaro, e dopo la riunione erano ritornati nuovamente per partecipare alla manifestazione. Al ritorno non aveva pernottato nell’albergo prenotato precedentemente dall’agenzia di viaggi catanzarese, ma era stato costretto ad optare per un'altra struttura alberghiera. Morale della favola: la richiesta di rimborso non era gonfiata in quanto comprendeva una penale da pagare all’agenzia, per non aver disdetto in tempo l’albergo, mentre il lungo chilometraggio era dovuto al doppio viaggio. E per confermare tale versione, Verrengia chiama a testimoniare il tenente della Polizia Municipale di Catanzaro che lo aveva accompagnato nella missione di Cesenatico, il quale ribadisce la tesi del doppio viaggio (andata-ritorno, andata e ritorno) tra la Calabria e l’Emilia Romagna. Tali versioni, però, non convincono il giudice che li etichetta come illogiche, contraddittorie e poco credibili. Ma la prova che inchioda i due è da rinvenire nella documentazione acquisita in giudizio, dove da un riscontro dei pedaggi autostradali, dalle spese sostenute per il carburante e addirittura dalle consumazioni in autogrill, emerge chiaramente che i viaggi sono soltanto due, ossia andata e ritorno per Cesenatico con le relative spese sostenute nei giorni 15 e 18 settembre. Risultato: condanna per Verrengia e attestazione di non veridicità per le dichiarazioni rese in dibattimento dal tenente della Polizia Municipale, nei confronti del quale il Tribunale affida alla Procura le valutazioni del caso per un eventuale e autonomo procedimento penale.

Brutto e il fascicolo scomparso.
Anche per Tommaso Brutto un capo di condanna riguarda un doppio rimborso chiesto sia alla Provincia che al Comune di Catanzaro per una missione autorizzata da entrambi gli enti. In questo caso Brutto non solo duplicava i costi di viaggio, vitto e alloggio, ma indicava il mezzo aereo per la Provincia ed il mezzo proprio per il Comune. Le altre fatture gonfiate e contestate relative sempre a missioni sono in tutto dodici ma solo dieci si trasformano in condanna ad un anno e dieci mesi di reclusione. Le somme intascate con la truffa sono rispettivamente di 190,20 €, 190,20 €, 371,80 €, 260 €, 280 €, 263,60 €, 909 € ( per aver compreso nella fattura anche i pernottamenti della moglie e dei due figli), 392 €, 149 €, 280 € per un totale complessivo di 3.285,80 euro. “Ed io pago!”avrebbe esclamato il grande Totò. Nel condannare Brutto, il giudice premette che per alcune richieste di rimborso non sono stati rinvenuti presso l’amministrazione provinciale di Catanzaro i fascicoli contenenti la documentazione circa le spese sostenute e rimborsate. Per questa vicenda era stata aperta un’indagine nei confronti dello stesso Brutto, al quale era attribuita la sottrazione di tali fascicoli. Tuttavia, in sede preliminare veniva prosciolto per non aver commesso il fatto, anche se nelle motivazioni  si evidenzia che gli elementi raccolti a suo carico, "per quanto dotati di un certo peso indiziario", non erano comunque sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio

Bruno, tengo famiglia.
Per Enzo Bruno la faccenda è molto più semplice. Le truffe riconosciute dalla sentenza sono essenzialmente due, rispettivamente di 298 e 52 euro, sempre per missioni autorizzate in quel di Roma, dove nella richiesta di rimborso spese l’attuale capogruppo del Pd alla Provincia include anche le spese relative ai pernottamenti di moglie e figlia. L’esiguità delle somme non ha intenerito il giudice che ha comminato un anno tondo tondo di reclusione nei confronti di Bruno.
Tutti i condannati hanno già proposto appello e sino al terzo grado di giudizio vale anche per loro il principio di non colpevolezza. Ma dall’intera vicenda si possono comunque trarre alcune valutazioni che esulano dall’aspetto penalmente rilevante. La prima è che la media delle missioni fuori Catanzaro si attesta ad una cifra intorno ai 1.500 €, per appena due notti a Roma (comprensive di viaggio, vitto e alloggio ovviamente). Con una cifra decisamente inferiore si potrebbe prenotare un viaggio per quattro giorni a Londra, per due persone, in un hotel tre stelle nei pressi di Notting Hill . Ma ammettiamo pure che quelle somme elargite dalla Provincia siano quanto effettivamente sborsate dai consiglieri, siamo sicuri che un Ente pubblico possa permettersi il lusso di pagare i viaggi autorizzati di circa 40 persone tra presidente, assessori e consiglieri provinciali? Infine, visto l'andazzo delle doppie richieste di rimborso agli enti di appartenenza, siete ancora sicuri di voler votare un vostro futuro candidato già impegnato a ricoprire una carica politica?

giovedì 1 marzo 2012

Scuola di Magistratura, le ragioni di un fallimento.

Viaggia su almeno tre binari, non sempre paralleli, la questione della scuola di magistratura ormai sottratta definitivamente alla città di Catanzaro. Il primo è sicuramente percorso dalla politica, di qualsiasi colore, vero artefice di questa bagarre all’ultimo scippo; il secondo è marcato dalle guerre giudiziarie e amministrative che i rispettivi enti territoriali si sono rispettivamente dichiarate; il terzo viaggia su di un binario morto, quelle delle coincidenze che pur avendo l’obbligo di riportare non conducono purtroppo a nulla. Prima di iniziare con la ricostruzione dei fatti, però, sento il dovere morale di informare chi legge che attualmente svolgo pratica forense proprio presso l'ufficio legale della Provincia di Catanzaro, ma ciò non influisce in alcun modo sulla mia autonomia. La vicenda della scuola di Magistratura nasce dalla scellerata decisione di Clemente Mastella (ministro di Grazia e Giustizia del governo Prodi nel 2006) di trasferirne la sede individuata da Catanzaro a Benevento, adducendo motivazioni (poco) plausibili che in realtà rientravano esclusivamente nelle logiche clientelari a vantaggio della propria terra natìa. Intenti che lo stesso Mastella confermava nel corso del tempo ogni volta che faceva ritorno nella sua amata Benevento, ricevendo gli osanna da parte di tutti i suoi conterranei. Catanzaro non sta a guardare e pur essendo guidata al tempo da una giunta comunale di centrosinistra (lo stesso schieramento a cui apparteneva Mastella) decide di rivolgersi al Tar per impedire lo scippo insieme ai ricorsi della Provincia (centrodestra) e della Regione Calabria (guidata da Loiero anch’egli della coalizione di centrosinistra). Il Tribunale Amministrativo del Lazio, dopo tre anni di dure battaglia giuridiche, dà ragione al ricorso proposto dai legali della Provincia di Catanzaro, estromettendo dal giudizio i ricorsi proposti dal Comune di Catanzaro e dalla Regione Calabria.  Era il 2009. La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva, ciò significa che Catanzaro poteva effettuare sin da subito gli incombenti necessari per aprire la tanto agognata scuola. Intanto, nel corso dei tre anni suddetti, il governo cambiava colore politico ed in luogo dell’uomo di Ceppaloni, viene nominato Angelino Alfano come ministro di Giustizia. Nonostante le rassicurazioni dell’odierno segretario nazionale del Pdl, e nonostante la sentenza del Tar del 2009 che individuava in Catanzaro la sede legittima della scuola, nulla veniva posto in essere da chi di competenza. Anzi, si perveniva ad un accordo (quasi) sottobanco che individuava Benevento quale sede operativa della scuola di magistratura e Catanzaro come sede amministrativa. Nella città del Sannio, dunque, sarebbero andati i magistrati partecipanti ai corsi portandosi dietro il loro appetibile indotto, mentre all’ombra dei tre colli sarebbe giunto al massimo qualche funzionario amministrativo per dirigere l’ufficio. Intanto la battaglia giudiziaria proseguiva davanti al Consiglio di Stato, con la Provincia di Benevento che impugna la sentenza di primo grado chiedendone il suo integrale rigetto, ma non proponendo la sospensione dell’esecutività della decisione emanata dal Tar. Mi fermo un attimo per chiarire quest’ultimo passaggio. Ammettiamo di soccombere davanti ad una sentenza di primo grado che mi impone di pagare una determinata cifra. Io, che ritengo quella sentenza fortemente ingiusta, non solo la impugno  ma chiedo al  giudice di secondo grado di sospendere l’efficacia esecutiva della pronuncia di primo grado, altrimenti sono costretto a pagare immediatamente quella somma. In questo caso la Provincia di Benevento non solo non chiede la sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, ma dimostra anche un certo disinteresse verso il giudizio davanti al Consiglio di Stato che procede a rilento. Intanto al Ministero di Grazia e Giustizia veniva effettuato l’ennesimo cambio di poltrona con Alfano che lascia il posto a Francesco Nitto Palma, sempre del Pdl. Veniamo ora ai giorni nostri, ossia alla sentenza del Consiglio di Stato che capovolge la pronuncia del Tar senza entrare neanche nel merito della questione giuridica. Le motivazioni della Corte, infatti, si basano esclusivamente su un vizio di forma che i legali della Provincia di Catanzaro avrebbero commesso nell’instaurare il giudizio davanti al Tar omettendo di notificare alla Provincia di Benevento l’atto introduttivo. Ma basta leggere la sentenza del Tar Lazio per capire che quel vizio non solo non era in alcun modo evitabile, bensì era stato perfettamente sanato dai legali calabresi già nel corso dell’udienza. Sia la Provincia di Catanzaro, infatti, che il Comune e la Regione Calabria quando presentarono il ricorso per impugnare il decreto Mastella, lo fecero senza avere conoscenza del decreto stesso, ma basandosi sulle finalità di quest’ultimo che individuava la città di Benevento come nuova sede della Scuola. Tale decreto, infatti, non era consultabile né nella Gazzetta Ufficiale né sul sito del ministero e fu svelato in udienza dall’Avvocatura dello Stato che intanto aveva preso le difese del Ministero stesso. Tutte cose appurate dal Tribunale Amministrativo del Lazio che nella  sua sentenza riconosce tali avvenimenti. Non appena ebbero contezza del contenuto del decreto (che parlava di spostamento della sede alla << provincia>> di Benevento) tutti i legali intervenuti a difesa di Catanzaro notificarono immeditamente il ricorso anche alla Provincia di Benevento chiamandola quale parte in causa davanti al Tar. Tali comportamenti, però, non hanno accontentato il Consiglio di Stato che nel suo provvedimento ha in pratica sostenuto che la Provincia di Catanzaro avrebbe dovuto notificare prima l’atto introduttivo del giudizio nei confronti della Provincia di Benevento e che per questo la sentenza del Tar era da annullare. Pur non condividendo l’orientamento del Consiglio di Stato va detto chiaramente che le sentenze si rispettano fino in fondo e che in base a quest’ultima pronuncia Catanzaro perde definitivamente ogni speranza di vedere la scuola di Magistratura. Ma la lezione da trarre in questo caso esula i tribunali e le battaglie giuridiche. Un provvedimento, infatti, per quanto illegittimamente adottato dal Ministero può essere impugnato e cassato presso qualsiasi corte, ma ciò non toglie che lo stesso provvedimento possa essere presentato nuovamente dallo stesso Ministero, sanando magari quei vizi che lo vedevano soccombere davanti ai giudici. Tale statuizione vale anche per la scuola di Magistratura che ora vede prevalere Benevento, ma non tiene conto dell’odierna volontà della politica di voler istituire una sola sede (e non tre com’era previsto con buona pace per i sanniti. Lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha auspicato tale ipotesi, giustificata dal momento di crisi per l’Italia che le impone di tagliare le spese e quindi di individuare un’unica sede, che potrebbe essere quella di Bergamo. Che facciamo? Un’ennesima ed inutile guerra giudiziaria per poi dover abdicare ancora una volta alla diversa scelta effettuata da un nuovo ministro? Una cosa è certa. La vera sconfitta in questa vicenda è l’intera classe politica regionale, dai parlamentari ai presidenti regionali, provinciali sino anche all’ultimo consigliere comunale, di qualsiasi colore politico, che hanno dimostrato ancora una volta di non aver alcun peso specifico nelle stanze dei bottoni, non riuscendo a difendere nemmeno ciò che ci spettava di diritto e facendo prevalere le ragioni di partito agli interessi collettivi della Calabria. Perché non è stata data esecuzione alla sentenza di primo grado del 2009? Perché quando scese Alfano a Catanzaro a spiegarci della ridicola spartizione della scuola non sollevarono gli scudi gli stessi esponenti del suo schieramento? Le lettere di protesta inviate precedentemente dalla Presidente della Provincia, Wanda Ferro, così come ora quelle proposte da Scalzo, mi sembrano i classici rimedi per pulirsi la coscienza, non certo per risolvere concretamente il problema.
Ps: Quasi dimenticavo il binario morto di cui vi parlavo all’inizio del post, quello delle coincidenze. Ai più è sfuggito un piccolo dettaglio che mi appresto a riportare. Nella sentenza del Consiglio di Stato si legge testualmente che “sul ricorso in appello n. 6706 del 2009, proposto dalla Provincia di Benevento (...) rappresentata e difesa dall’avv. Vincenzo Catalano, ed elettivamente domiciliata, unitamente al difensore, presso lo studio Palma in Roma, via....Studio Palma? Che strano, proprio lo stesso cognome dell’ex ministro Francesco Nitto Palma, anch’egli romano. Che siano parenti? Coincidenze come dicevamo. Così come per puro caso ritroviamo, oggi, Francesco Nitto Palma  come coordinatore Pdl della Regione Campania. Vuoi vedere che magari alle prossime elezioni politiche il nostro si candiderà proprio nel collegio di Benevento?