lunedì 22 aprile 2013

L'ultimo rintocco della Campanella? Racconto breve di una promessa mancata.

Diciannove febbraio duemilatredici. Un gruppo di lavoratori della Campanella scende in piazza a Catanzaro, davanti il palazzo della Prefettura. La Fondazione è nuovamente in pericolo, ma all'orizzonte si paventa un protocollo d'intesa per risolvere definitivamente ogni problema, garantendo stabilità e futuro al prestigioso Istituto Oncologico. Qualche giorno prima, molti esponenti della Regione, tra cui il governatore Scopelliti, avevano esultato (già, si esulta alla normalità di un iter legislativo) per la mancata impugnazione, da parte del Governo centrale, della legge che definisce i contorni della Fondazione quale Ente di natura privata. Manca un piccolo particolare, però, un dettaglio che rischia di compromettere tutto, ossia la firma del protocollo d'intesa da parte della Regione Calabria e del Rettore dell'Università “Magna Graecia”, Aldo Quattrone, ultimo baluardo rimasto a difesa della Fondazione. Sui tre colli , così come in tutto il Paese, si respira aria di elezioni politiche (mancanvano cinque giorni all'apertura dei seggi) ed una disperata lavoratrice della Fondazione minaccia di strappare la sua scheda elettorale nell'ipotesi in cui la Regione avesse temporeggiato ancora sulla firma del protocollo. In piazza arriva il Sindaco della città, Sergio Abramo, seguito dal suo vice, nonché direttore della stessa Fondazione, Baldo Esposito, e l'esordio del primo cittadino è proprio nei confronti della signora che urla la sua indignazione. “Non parlate delle elezioni, non voglio sentir parlare di elezioni- rimprovera il Sindaco- io sono stato il primo a dirvi di manifestare ma non voglio sentire quella parola”. Interviene una dirigente della Campanella che prova a mediare tra le parti: “Noi siamo qui, strumentalizzati o non, per avere un'unica cosa, speriamo di averla”. “La dobbiamo avere - puntualizza Sergio Abramo- non sperare di averla (il riferimento è alla famosa firma da parte della Regione), che è cosa diversa”. “Ma noi vogliamo averla prima delle elezioni” lo interrompe nuovamente la signora, rea di voler stracciare la sua tessera elettorale. La frase provoca nuovamente l'ira del primo cittadino che senza mezzi termini afferma:”Delle elezioni non me ne frega un cacchio. Chiaro? Potete andare a votare chi volete. Chiaro? Dovete smetterla con sto fatto delle elezioni”. Ci prova Baldo Esposito, allora, a rasserenare gli animi confermando la volontà di lottare per la Fondazione Campanella come città di Catanzaro e non come schieramento politico, sottolineando la presenza del sindaco e sua personale (“nella veste vicina al Sindaco e anche da direttore generale”) accanto ai lavoratori. Entrambi provano a smorzare le tensioni invitando i manifestanti a non parlare di elezioni, altrimenti “danneggiate il nostro lavoro, peggiorate il lavoro del Sindaco, mettendolo in difficoltà”. A questo punto, decido di intervenire per chiedere quali danni avrebbe provocato manifestare il legittimo dubbio su un utilizzo della vicenda ai fini elettorali. La replica arriva da Baldo Esposito: “Non vogliamo nessuna strumentalizzazione politica, non ci appartiene. Il dubbio è qualcosa che rimane nella testa di ognuno e non ritengo che questa situazione possa essere utilizzata ai fini elettorali”. Insisto nella domanda e continuo a porre i miei dubbi ma vengo interrotto bruscamente dal sindaco: “Non dobbiamo capire niente, non c'è niente da capire, dobbiamo solo portare avanti la Fondazione” sbotta Abramo, sostenuto a ruota da Baldo Esposito, il quale ribadisce le intenzioni di lotta comune a difesa della Campanella. La discussione si sposta, allora, su di un piano tecnico grazie al rinnovato intervento del medico dirigente che fa presente tutte le contraddizioni in seno alla vicenda (tra cui i debiti ch e la volontà del Rettore di non firmare quel protocollo qualora i venti posti di Cardiochirurgia fossero spostati a Reggio Calabria senza la direzione dell'Università “Magna Graecia”. Il sindaco mostra il suo consenso verso l'operato del Rettore, illustra la volontà di chiedere una modifica del decreto 136/2011 ma aggiunge:” A voi questo non interessa, sono cose nostre. A voi interessa solo ed esclusivamente che venga firmato quest'accordo. E noi sono tre giorni che stiamo dicendo se non firmate l'accordo avrete Sindaco contro, Rettore contro, dipendenti della Campanella contro e la città contro. Non aggiungiamo nient'altro. Non vorrei che una frase in più possa sviarci da quello che è l'interesse della Campanella”. Abramo ribadisce il suo impegno al di là della contesa elettorale e promette.” Io sono il sindaco di questa città; o ci sono, o non ci sono le elezioni, occupo la Regione, occupo la Regione”. “Altrimenti -continua Abramo- sembra che sia solo un problema di votazioni o di appoggi politici. No, noi difendiamo la città, difendiamo i lavoratori”. L'accorato discorso del sindaco rasserena gli animi. Le parti si riavvicinano, i toni si abbassano, i volti tirati dalla tensione iniziano a distendersi. Poche ora ancora, magari qualche giorno, giusto il tempo di definire qualche dettaglio tecnico, e la firma del protocollo sarà cosa fatta.
Diciannove aprile duemilatredici. Le elezioni politiche sono ormai passate, ma La Fondazione Campanella è a rischio chiusura entro sette giorni. I ricoveri dei pazienti sono bloccati a causa di una mancata assegnazione del budget 2013 da parte della Regione Calabria. Il famoso protocollo non è stato ancora firmato. Dirigenti e lavoratori del Centro Oncologico d'eccellenza bloccano il traffico sulla strada che porta verso la Fondazione, sempre più soli, sempre meno speranzosi e con tanta rabbia da smaltire.
NB: I dialoghi sopra riportati sono estratti da una registrazione audio effettuata durante la manifestazione dei lavoratori della Fondazione Campanella in Piazza Prefettura. Da tenere bene in mente, prima di diramare eventuali smentite.

mercoledì 6 marzo 2013

L'assessore smemorato

Dev'essere proprio dura la vita degli addetti stampa, soprattutto per quelli che si occupano dei comunicati dei vari amministratori locali. Non fai in tempo a studiarti la migliore formula per esprime la più viva delle soddisfazioni o la più cupa delle preoccupazioni, che subito sei costretto a ritirarti in sordina o ad inventarti chissà cosa per giustificare le parole del giorno prima. Per fortuna, a venire in soccorso ai malcapitati sono gli stessi "colleghi" (alcuni, non tutti), rinchiusi dall'altro lato delle scrivanie, quelle delle redazioni, che si guardano bene dall'evidenziare le contraddizioni o dal formulare domande per il cambio di opinione. Che sarà mai, tutto passa, tutto si dimentica nella città dei tre colli. Prendiamo il caso di Giovanni Merante, neo assessore alle attività economiche del Comune di Catanzaro, nonchè assessore alla Provincia dello stesso capoluogo.
Maggioranza di transfughi.
 I mal di pancia dell'esponente di "Democrazia e Centralità" risalgono all'atto delle paventate (e poi concretizzate) dimissioni del sindaco Michele Traversa, quando, durante una trasmissione televisiva e rivolgendosi alla sua stessa coalizione, parlò di "maggioranza di transfughi". Come tutti sanno, l'uomo del fare si dimise dalla carica di primo cittadino e, dopo qualche mese di commissariamento, quella stessa maggioranza di cui parlava Merante tornò a guidare l'aula rossa di Palazzo De Nobili, grazie al responso delle urne che ancora una volta le affidavano l'incarico di amministrare la città. E sarà per le dichiarazioni di cui sopra, sarà perché si sia preferito qualcun'altro al suo posto, ma il nuovo primo cittadino, Sergio Abramo, si guardò bene dal riservare un incarico di assessore al "ribelle". Apriti Cielo! Appena formata la nuova giunta, Giovanni Merante dirama un comunicato in cui, prima evidenzia il suo peso in termini di voti e proposte nella campagna elettorale, poi sferra il suo attacco personale nei confronti di importanti esponenti della maggioranza neo eletta.
Abramo, Tallini e Aiello, c'eravamo tanto amati.
 Nel mirino dell'assessore provinciale finiscono lo stesso Abramo ("candidato, affabile, sorridente, spedito, scevro dalle logiche, cambia, improvvisamente, dopo la sua elezione. Diventa corrucciato, si incontra in riunioni fuori dalle sedi dei partiti, dialoga solo con alcuni e tralascia la normalità, celandola dietro uno spasmodico amore per la sua città"), e soprattutto Mimmo Tallini e Piero Aiello. Per i due assessori regionali, Merante non ha alcuna riserva e ad entrambi rivolge il suo j'accuse: "La giunta è sganciata dalle logiche, ma, gli stessi (Tallini e Aiello) hanno ottenuto per i loro uomini e donne, tutte le deleghe strategiche per lo sviluppo della città a volte con accoppiate che nulla hanno a che vedere con il tanto millantato tecnicismo ventilato da Abramo". Merante rincara la dose e protesta contro "un elenco studiato a tavolino dai 2 assessori regionali che prevede un’occupazione strategica di tutte le postazioni di sottogoverno, cui stiamo già assistendo in queste ore, nonostante la situazione drammatica cui versano le partecipate dell’ente dal punto di vista finanziario e gestionale. Tutto ciò, chiaramente, senza nessuna autonomia decisionale del Sindaco." La nota termina con degli inquietanti interrogativi "Ed allora si è veramente messa in moto una macchina devastante di occupazione di spazi politici all’interno del PDL, della macchina comunale, e quindi della città da parte di qualche capobastone? Chissà, se questa fatidica operazione, malcelata, di un gruppo di facinorosi  politici del centrodestra ha  a che vedere con le dimissioni di Traversa che di certo per coraggio ed autonomia e storia personale non le avrebbe consentite?
Le repliche degli interessati non tardano ad arrivare, così come le controrepliche e i comunicati pro e contro Giovanni Merante da parte dei rispettivi sodali. E in questo volare di stracci a destra e al centro, ci si rinfaccia l'uno il mentore dell'altro, con Piero Aiello pronto a difendere i rapporti politici e personali con l'amica Marisà Fagà, e lo stesso Merante orgoglioso nel rivendicare la condivisione di un progetto politico con Wanda Ferro. L'acceso e interessantissimo dibattito potremmo annoverarlo come un'interpretazione in chiave post-moderna del più arcaico interrogativo in" strictu" jermito catanzarese, allorquando ci si presenta ad una persona avanti con l'età, che con fare sospettoso e sguardo dubitativo ci chiede: "Ma tu, a cu apparteni?".
La vittoria della squadra.
Passano alcuni mesi, Abramo vince l'ennesima elezione suppletiva disposta dal Tar nelle otto sezioni in cui sono state riscontrate irregolarità alle precedenti consultazioni elettorali. Il clima torna improvvisamente sereno, il sindaco pare aver ritrovato il sorriso e per Merante si respira profumo di assessorato. E sarà per questo, o forse per una improvvisa folgorazione sulla via di Damasco, che il nostro ribelle rientra nei ranghi e dirama un comunicato proprio nei confronti dei suoi precedenti bersagli. "Si è affermata nella città capoluogo -afferma Giovanni Merante- una nuova cultura nel modo di fare politica ed amministrazione, fortemente legata al territorio e alle esigenze della comunità, lontana dalle ideologie e dalle logiche di schieramento. Con Sergio Abramo, affiancato da personalità come Mimmo Tallini, emerge una classe dirigente autonoma, capace di difendere gli interessi della città senza sudditanze psicologiche". E poi ancora: "La nostra coalizione ha le idee chiare, vanta un programma solido, una maggioranza larga e coesa, leader politici di assoluto valore come Abramo, Tallini e Aiello, gli unici che oggi possono tenere alta la bandiera della città di fronte ad un attacco concentrico che viene da tutti gli schieramenti politici. L'amore ha trionfato ancora una volta, dunque, Giovanni Merante ottiene l'assessorato alle attività economiche e tutti vissero felici e contenti. Tutti tranne gli addetti stampa che tremano davanti all'ipotesi di dover tornare a scrivere per l'ennesima volta il finale della favola.

sabato 9 febbraio 2013

La legislatura è finita, andate in pace.

E' finita. Dopo cinque anni di polemiche, tribolazioni e scandali, più che di leggi, norme e regolamenti, anche la XVI legislatura giunge al termine. Cinque anni di governo, di cui quattro interamente condotti da Silvio Berlusconi e dalla sua schiacciante maggioranza, e l'ultimo diretto dai cosiddetti "tecnici", guidati da Mario Monti, e sostenuti dall'insolita triade partitica PD-PDL-UDC. Al termine di questa lunga corsa, è ora possibile stilare un bilancio dell'attività parlamentare, grazie all'accurato rapporto "Camere Aperte" messo a disposizione dall'associazione Openpolis. Quarantadue pagine ricche di numeri, analisi, tabelle, flussi e dati estratti dall'attività quinquennale del Parlamento, in cui emerge una verità inconfutabile da sbattere in faccia alle tante menzogne che propinano a destra e sinistra.
Il governo non ha poteri. Falso!
Il primo a pronunciare questa enorme balla è Silvio Berlusconi, seguito a ruota da quanti ritengano urgente una modifica della Costituzione che dia al premier (la cui figura in Italia non esiste, sia chiaro!) e al suo governo maggiori poteri. La verità è che otto leggi su dieci sono di iniziativa del Governo, nella forma del Decreto Legge e del Disegno di Legge,  con una probabilità (34%) di approvazione ampiamente superiore rispetto al singolo parlamentare (le cui probabilità di approvazione di un DDL si fermano all'1%). I cittadini, invece, hanno zero possibilità nel vedere approvata (o anche discussa) una legge di iniziativa popolare. Numeri che dimostrano chiaramente - afferma il rapporto- di come "il potere legislativo si sia progressivamente trasferito nelle mani dell'Esecutivo, lasciando al Parlamento il ruolo della ratifica, e nei migliori casi, del controllo". Se ancora non siete convinti che il potere è quasi interamente nelle mani del Governo piuttosto che del Parlamento, basta consultare le percentuali di approvazione delle leggi: su 397 approvate durante la legislatura, 297 sono di iniziativa dell'Esecutivo e solo 90 di iniziativa parlamentare. Ad aggravare ulteriormente le cose è il ricorso spasmodico alla "fiducia" che il Governo sottopone alle Camere all'atto della presentazione di una legge. Ciò comporta una sorta di aut-aut nei confronti dei parlamentari: o mi voti il provvedimento così com'è o il Governo cade e torniamo tutti a casa (forse). E scommettiamo che il povero onorevole (si fa per dire), già sottoposto agli ordini di partito, risponderà favorevolmente al diktat dell'Esecutivo per paura di perdere la pensione e magari anche la futura candidatura alle prossime elezioni?
La lentezza del Parlamento. Falso!
Una delle motivazioni fornite dai vari governi per giustificare il frequente ricorso alla fiducia è la lentezza del Parlamento nel valutare e votare le leggi. Troppo tempo, infatti, impiegherebbero gli onorevoli nell'emendare, discutere e finalmente approvare o respingere un disegno di legge. Il Paese è lì, con i suoi problemi, e non può certo aspettare la lentezza delle Camere. Anche quest'affermazione si rivela del tutto falsa. La rapidità o la lungaggine nel trasformare in legge un provvedimento dipende esclusivamente dal contenuto del provvedimento stesso. Basta osservare la classifica della tempistica di approvazione di una legge, stilata dal rapporto, per rendersene facilmente conto. Tra le leggi "lepre" troviamo lo svolgimento del referendum 2009 ( approvata in 6 giorni), la Manovra Correttiva 2011 (8 giorni), la Manovra Salva Italia (16 giorni), il Lodo Alfano (20 giorni), Missioni Militari all'estero (21 giorni) e cosi via. Tra le leggi lumaca, invece, troviamo stranamente la Convenzione Internazionale Anticorruzione (1456 giorni), il contrasto all'usura e all'estorsione (1357 giorni), il riconoscimento dei figli naturali (1259 giorni) e persino la disciplina del prezzo sui libri (1140 giorni). Certo, per le norme anti-corruzione il Paese può aspettare, mentre dal Lodo Alfano non si può proprio prescindere!
L'opposizione intransigente. A chi vuoi sbranare?
Dai toni accesi di questa campagna elettorale e dalle risse mediatiche andate in scena in passato su tutti i canali di informazione, sembra quasi ci sia una frattura insanabile tra i diversi schieramenti politici,  fino a pochi mesi fa divisi tra maggioranza e opposizione in Parlamento. Sembra, appunto. Perché quando dalle parole si è passato ai fatti, e dagli studi televisivi ci si è trasferiti alle Camere, il discorso è cambiato notevolmente. Tralasciando per un attimo la parentesi lunga un anno di una maggioranza composta da  Pdl, Pd e Udc, ci concentriamo sull'apparente contrasto maggioranza-opposizione durante il governo Berlusconi. Afferma il già citato rapporto, che molto spesso si è verificata l'eventualità per l'opposizione di battere la maggioranza per assenze e impegni tra i suoi appartenenti. Tuttavia, nel momento decisivo la minoranza non ha sfruttato a dovere tali assenze, non andando a votare in numero sufficiente per respingere il provvedimento.  E' davvero interessante scorrere i nomi dei parlamentari che con i loro voti e le loro assenze hanno salvato il governo Berlusconi: al primo posto, tra i deputati troviamo Pierluigi Bersani, seguito dagli onorevoli Antonio Gaglione (Gruppo Misto), Antonio Di Pietro (Idv), Lapo Pistelli (PD) e Massimo D'alema (PD). Tra i senatori, in vetta a questa particolare classifica, troviamo Emma Bonino (Radicali- PD), tallonata da Umberto Veronesi (PD), Sergio Zavoli (PD), Franco Marini (PD) e Felice Belisario (Idv). 
I transfughi: l'unica certezza è quella di non sapere...a chi appartenere.
Unica certezza di questa legislatura è stato il continuo cambio di casacca per gli onorevoli che, eletti nelle file di un partito, hanno pensato bene di trasferirsi in un altro, per poi fare ritorno alla casa madre, o ancora confluire nel gruppo misto o creare a loro volta gruppi parlamentari ad hoc, del tutto sconosciuti al momento delle elezioni. Alla Camera sono 121 i deputati transfughi, 29 dalla maggioranza all'opposizione, 10 a dall'opposizione alla maggioranza, 17 coloro che ci hanno ripensato (abbandonando il proprio schieramento per poi farci ritorno). Al Senato, invece, sono stati "solo" 58 i transfughi, 11 dalla maggioranza all'opposizione, 2 a fare il percorso inverso, e 2 pentimenti.
Purtroppo, però, conoscere e ricordarsi di tali imprese serve davvero a poco. La legge elettorale (la cosiddetta porcata è ancora in vigore) non consente di esprimere preferenze sui prossimi candidati in Parlamento e l'ennesima beffa che si prospetta davanti ai cittadini è di rivedere, al Senato e alla Camera, i protagonisti di questo sfascio. E allora, avanti un'altra...legislatura!

sabato 2 febbraio 2013

L'astronave calabrese degli incompatibili

 
A giudicare dalle liste dei candidati in Calabria al Parlamento Italiano, non dev'essere troppo difficile fare il consigliere regionale, o quanto meno, non troppo impegnativo. Sono sedici, infatti, tra presidenti, assessori, e consiglieri regionali calabresi a trovare il tempo e la disponibilità di correre per uno scranno a Palazzo Madama o Montecitorio. Che strani questi rappresentanti delle istituzioni locali: stanno tutti li a rivendicare il loro amore e il loro impegno per la Calabria per poi provare abbandonarla alla prima occasione utile. Una prassi di certo non nuova, quella di candidarsi in Parlamento ricoprendo contemporaneamente la carica di amministratore locale, perpetrata da tutti i principali partiti italiani. Da Sel al Pd, dal Popolo della Libertà all'Udc, nessuno sembra poter rinunciare alla candidatura di un suo esponente, e pazienza se in quel momento quel consigliere è in altre faccende affaccendato. E dire che è la stessa Costituzione (art.122) a sancire il divieto di appartenere ad un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento. Ma tra incompatibilità, incandidabilità e ineleggibilità c'è una bella differenza e i nostri candidati la conoscono bene, insinuandosi tra le maglie delle incongruenze normative e piegandole a proprio uso e consumo. Molti ingenui elettori,invece, non sanno nemmeno che la decadenza da parlamentare o da consigliere regionale per i casi di incompatibilità è tutt'altro che automatica.  E' la giunta appositamente insediata in Parlamento,infatti, a stabilire caso per caso quali membri siano compatibili o meno con la carica di deputato o senatore, e spesso impiega mesi, a volte anni, per decidere una simile ovvietà. Che noia sti regolamenti parlamentari ( Cetto Laqualunque avrebbe usato un altro termine) e che barba ste regole imposte dall'alto che vietano il doppio incarico. Vuoi mettere il divertimento, invece, di poter partecipare ad una partita di basket da parte del sottosegretario alla presidenza della Regione Calabria, Alberto Sarra, per farsi campagna elettorale tra le file del Grande Sud. E che dire dell'esordio "bagnato" di Mario Caligiuri, Assessore alla cultura e dei beni culturali, impegnato in una conferenza stampa di presentazione di tutti i candidati al Parlamento (tra cui egli stesso) dello schieramento Grande Sud. Certo, ci sarebbe un piccolo problemino da risolvere con urgenza: gli scavi archeologici di Sibari sono sommersi dall'acqua e dal fango a causa dello straripamento del fiume Crati. Ma che vuoi che sia: una, anzi tre visitine istituzionali sul sito sommerso e passa tutto. Ora è il momento della competizione elettorale, è il momento di affilare le armi della propaganda, di annunciare ponti, strade, fondi, posti di lavoro, bandi regionali, mica di piangere sulle problematiche calabresi. Ci sarebbero, poi, da risolvere anche delle palesi incoerenze che vedono candidati dell'Udc alla Camera appoggiare lo schieramento di Mario Monti e sostenere contemporaneamente, alla Regione, una coalizione di centro-destra. Non è vero onorevole Francesco Talarico? Evidentemente a lui, che è Presidente del Consiglio Regionale, tutto è concesso, e per lui non vale nemmeno quell'assunto che vede il capitano abbandonare per ultimo la nave che affonda. Eppure, anche il nostro ha una personalissima concezione delle incompatibilità tra i ruoli che andrebbe a svolgere e, proprio per questo, decide drammaticamente di autosospendere la sua attività istituzionale... da Twitter e Facebook ( provate ad andare sul suo profilo).  Ma a chi vuoi che importino queste alchimie politiche, quale può essere lo svantaggio di sostenere questo piuttosto che un altro schieramento. La cosa fondamentale è far breccia nell'elettorato,  e vuoi mettere la capacità persuasiva di un assessore o di un consigliere piuttosto che di un perfetto sconosciuto che ha da offrirti solo qualche inutile parola vuota? E non si dimentichi l'impegno che infonderanno i compagni di partito dei candidati in parlamento, primi dei non eletti in regione alle passate amministrative, che faranno di tutto, con il loro pacchetto di voti, pur di spedire i propri colleghi a Roma e prendere il loro posto a Palazzo Campanella. Per non parlare, poi, del fascino di eventuali posti vacanti da assessori, capaci di risvegliare in un sol colpo gli appetiti di quanti sono momentaneamente ai margini della contesa politica, gli stessi che gongolano davanti all'ipotesi di un futuro rimpasto regionale. Ecco, allora, spiegato il motivo dei tanti consiglieri/assessori/candidati nelle liste per il Parlamento, fosse anche l'ultima tra le posizioni da occupare. La spendita del nome è importante; quella delle idee, dei progetti e delle proposte può attendere.
Qui di seguito tutti i candidati al parlamento che ricoprono cariche di presidente, assessore, consigliere alla Regione Calabria.

1) Antonella Stasi : Vice Presidente della Giunta regionale (ottava lista PDL Senato),
2) Francesco Talarico: Presidente del Consiglio Regionale (terzo  lista UDC camera)
3) Pietro Aiello: Assessore ai trasporti (quarto lista PDL senato)
4) Antonio Caridi: Assessore alle attività produttive (quinto lista PDL senato)
5) Michele Trematerra: Assessore all'agricoltura, foreste e forestazione ( secondo lista Monti-UDC-Fli senato)
6) Mario Caligiuri: Assessore alla cultura e beni culturali ( decimo lista Grande Sud senato)
7) Alberto Sarra: Sottosegretario alla presidenza regionale (capolista Grande Sud camera)
8) Bruno Censore: consigliere Pd ( settimo lista PD camera)
9) Demetrio Battaglia: consigliere Pd (quinto lista Pd camera)
10) Claudio Parente: consigliere "Scopelliti Presidente (ottavo lista "Grande Sud senato)
11) Fausto Orsomarso: consigliere PDL ( nono lista PDL senato)
12) Gaetano Ottavio Bruni: consigliere UDC (tredicesimo lista UDC camera)
13) Ferdinando Aiello: consigliere "progetto democratico" ( secondo lista SEL camera)
14) Giovanni Emanuele Bilardi:consigliere "Scopelliti Presidente (capolista "Grande Sud" senato)
15) Alfonsino Grillo: consigliere "Scopelliti Presidente" ( secondo lista "Grande Sud" senato)
16) Candeloro Imbalzano: consigliere "Scopelliti Presidente (nono lista "Grande Sud" senato).

mercoledì 23 gennaio 2013

PdL, il gattopardo è tutt'altro che smacchiato

In principio fu Forza Italia. Poi la casa, il polo ed infine il popolo della libertà. Cambiando l'ordine dei fattori il risultato non cambia e il padrone assoluto di tali mutamenti partitici era, è, e sarà (non si sa fino a quando) Silvio Berlusconi. Con un abbandono della politica sempre annunciato ma mai concretizzato, delle primarie stroncate sul nascere e con l'idea poi tramontata di una Forza Italia 2.O, l'uomo di Arcore si ripresenta per l'ennesima volta alle elezioni 2013, dopo oltre un decennio di governo e a distanza di vent'anni dalla sua discesa in campo del 1994. Da allora è ancora immutata la sua voglia di cambiare l'Italia, ma purtroppo forze superiori glielo hanno impedito. Le toghe rosse che lo perseguitano, la stampa di sinistra, i comunisti, e poi ancora la Corte Costituzionale che gli boccia le leggi, la stessa Costituzione che non gli attribuisce nessun potere, i sindacati, Fini, Casini, Follini e qualche altra decina di suoi ex alleati hanno bloccato il processo di rinnovamento dell'Italia. Ma lui non molla e in uno scatto di ritrovato amore per il Paese decide di correre ancora alle elezioni politiche candidandosi anche in Calabria come capolista al Senato. Ma non a Silvio è dedicato questo post, quanto piuttosto alla sua squadra che, insieme al padre fondatore, si presenta davanti ai calabresi.
La truppa dei parlamentari
Subito dopo l'Unto del Signore troviamo Tonino Gentile, fratello di Giuseppe, assessore regionale ai lavori pubblici della Calabria e zio di Katia, vice sindaco di Cosenza, ma soprattutto parlamentare dal 2001, Senatore della Repubblica da oltre dodici anni. Sempre sulla linea del rinnovamento troviamo candidato alla Camera l'onorevole Giuseppe Galati, parlamentare da sedici anni, con un passato da militante ed esponente dell'Udc, poi confluito nel Pdl, e un prestigioso incarico di sottosegretario alle attività produttive durante il secondo governo Berlusconi (2001-2006). Conferme anche per Jole Santelli, capolista alla Camera, che dall'alto della sua posizione privilegiata potrà certamente avviarsi alla sua quarta legislatura, sempre tra le file del centrodestra. La deputata (ininterrottamente dal 2001) è stata anche sottosegretario al Ministero di Giustizia del Governo Berlusconi, il che dovrebbe suggerire già qualcosa. Meno noti ma pur sempre deputati (da una sola legislatura) sono gli onorevoli Nino Foti e Giovanni Dima, piazzati rispettivamente al quinto e sesto posto nel listino della Camera. Notizia del giorno,invece, è l'ammissione (dopo esser stata esclusa per mancanza di un certificato di candidabilità) nelle liste del Pdl di Dorina Bianchi, ex candidata a sindaco di Crotone nel 2011, sconfitta al ballottaggio dal candidato di centrosinistra. La carriera politica della Bianchi è tutta un programma: eletta in parlamento nel 2001 nelle file del CCD in uno schieramento di centrodestra, la nostra passa prima nell'Udc e poi ancora nel gruppo misto prima di cambiare totalmente e aderire alla Margherita di centrosinistra. Rieletta nel 2006 nel gruppo dell'Ulivo, Dorina Bianchi viene confermata anche nelle elezioni del 2008 nelle file del Pd. Il 2009 è l'anno del ritorno nell'UDC, ma nel 2011 ecco la nuova svolta verso il Pdl. Come dire, andata- ritorno- andata senza pagare il biglietto del viaggio, anzi con un posto riservato in terza fila (in parlamento).
L(')orda della Regione
Terminata la schiera dei parlamentari, il Popolo delle libertà candida i suoi pezzi da novanta sparsi in tutto l'ente regionale. C'è spazio per gli attuali assessori all'urbanistica e alle attività produttive Pietro Aiello e Antonio Caridi, in quarta e quinta posizione al Senato, per la vice presidente della Giunta regionale, Antonella Stasi (ottava al senato) e per il consigliere regionale Fausto Orsomarso (nono, sempre al Senato). Qui l'elettore è messo davanti ad un bivio: se è  pienamente soddisfatto dell'operato dei suoi amministratori locali, non si comprende per quale ragione debba privarsene, votando e spedendo in parlamento i suoi beniamini, facendo mancare alla Calabria il loro decisivo contributo; se, invece, l'elettore è insoddisfatto di tali candidati, dovrebbe soffrire di sano masochismo per votare e premiare gli autori della sua insoddisfazione. Delle due opzioni, la più probabile è la terza, quella non proferita ma ben nota, evidentemente, a chi compone le liste per il parlamento. La Calabria e i calabresi, infatti, sono terribilmente affascinati dal potere, non importa di quale colore politico, purché abbia un ruolo anche nella più piccola stanza dei bottoni. Le proteste, le indignazioni, gli scioperi, sono mode altalenanti che durano una stagione o poco più, poi passano. Il cappotto sicuro del potente di turno, invece, è un evergreen: ti ripara dal freddo e dalle intemperie, ti da tepore, sollievo e, quasi quasi, sembra non farti avvertire neanche i crampi della fame.
I candidati a loro insaputa
Tra i candidati del Pdl in Calabria c'è posto anche per Domenico Scilipoti e Demetrio Arena, il primo avvisato in  notturna durante una diretta radiofonica del suo inserimento in lista, il secondo ha appreso dalla stampa il suo destino e ad essa ha affidato la sua volontà di non farne parte. Su Scilipoti credo non ci sia bisogno di aggiungere altro, basta il nome. Su Demetrio Arena, invece, è il caso di ricordare il suo recentissimo passato da sindaco di Reggio Calabria, comune sciolto per "contiguità mafiose" e sul quale pende ancora lo spettro del dissesto finanziario.
L'eccezione che conferma la regola
Unico vero elemento di novità tra le liste del Pdl è la candidatura di Rosanna Scopelliti, figlia del mai dimenticato Antonino, giudice ucciso dalla mafia nel 1991. Il secondo posto riservatole dal partito è garanzia di elezione sicura alla Camera dei Deputati. Ma se la Scopelliti è l'eccezione tra tanti volti troppo noti, la candidatura dell'avvocato Nico D'ascola (terzo in lista al Senato) è la conferma di una regola introdotta da Silvio Berlusconi, ossia quella di mandare in parlamento i propri avvocati. Nico D'Ascola, infatti, è avvocato anche di Giuseppe Scopelliti, governatore della Calabria che attraverso il proprio legale troverà spazio tra gli scranni del Parlamento Italiano.
Che il rinnovamento abbia inizio.

giovedì 10 gennaio 2013

PD, squadra che perde non si cambia

Il team è quasi al completo. Manca ancora qualche nome da acquistare sul mercato di riparazione invernale, ma la formazione calabrese del partito democratico è pronta per affrontare l'ennesimo derby d'Italia contro Silvio Berlusconi. Una sfida appassionante, che si ripete ormai da quasi vent'anni sul campo politico dello stivale, con l'outsider Monti pronto a subentrare a partita in corso e con l'ex Pm Ingroia determinato a svolgere il ruolo di scheggia impazzita del torneo. Il Pd, dicevamo, gioca d'anticipo e schiera la sua squadra in maglia calabra sia al Senato che alla Camera. Allenatore, manco a dirlo, Pierluigi Bersani, fresco di vittoria alle primarie, dopo aver battuto ai tempi supplementari il suo avversario Matteo Renzi. E vediamo subito l'undici di partenza per la Camera dei Deputati. Capitana della squadra è la "pasionaria" Maria Rosaria Bindi, detta Rosy, toscanaccia di ferro, che darà ai suoi compagni quell'esperienza necessaria per potersi esprimere al meglio, dall'alto delle sue cinque legislature trascorse in parlamento italiano più una in quello europeo (dal 1989 anno della caduta del muro di Berlino). A fianco dell'ex scudocrociata, c'è Alfredo D'Attorre, salernitano doc, commissario del Pd regionale che all'atto della sua nomina aveva dichiarato di non essere" stato mandato in Calabria da Bersani per essere candidato". Evidentemente il nostro ci ha ripensato e, vinte facilmente le primarie locali, decide di scendere in campo. Dalla cantera calabrese (occhio a non sbagliare l'accento), invece, arriva la cosentina Enza Bruno Bossio, coinvolta e poi scagionata in primo grado e in appello nel famoso processo Why not, moglie di Nicola Adamo, consigliere regionale del Pd (sospeso per due anni dal partito, confluito nel gruppo misto e in odore di ritorno all'ovile democratico), anch'egli scagionato in primo grado nello stesso processo e fresco di avviso di conclusioni delle indagini per associazione a delinquere, corruzione, abuso d'ufficio e minaccia in una maxi-inchiesta sul parco eolico di Isola Capo Rizzuto. Confermati in squadra i due onorevoli uscenti Franco La Ratta (deputato dal 2006) e Nicodemo Oliverio, imputato da tre anni presso il Tribunale di Roma per bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata. Dai tornei regionali arrivano, invece, i due nuovi acquisti Bruno Censore e Demetrio Battaglia, consiglieri calabresi del Pd che, in caso di elezioni, dovranno abbandonare lo scranno conquistato a Palazzo Campanella. Duplice ruolo anche per Ernesto Magorno, confermato nel 2012 al suo secondo mandato di sindaco della città di Diamante. 
Passi che la stagione è lunga e che quindi elementi duttili e adattabili a più ruoli tornano sempre utili, ma non si comprende perchè il Pd si costerna, si indigna, si impegna quando i duplici incarichi riguardino gli altri, mentre quando interessa i propri getta la spugna con gran dignità. Chiudono la top eleven la cosentina Stefania Covello, (alla quale suggerirei di aggiornare il proprio sito ufficiale, in cui appoggia il redivivo Agazio Loiero) figlia d'arte, dato che il papà Franco è stato più volte senatore,  e la reggina Consuelo Nava, precedute dall'oriundo Nicola Stumpo, nato a Crotonei ma vivente a Roma, ribattezzato "Stumpo Truppen" dai radicali per la decisione di escludere Marco Pannella dalle primarie del 2009. Le sorprese non mancano anche per i partecipanti al Senato, dove spicca il talento ancora inespresso di Marco Minniti. Che si vinca (alle elezioni 2006) o che si perda (elezioni 2008) il succo non cambia: il Pd non può fare a meno del suo Ibrahimovic reggino, ex delfino di Massimo D'Alema, alla terza legislatura e con alle spalle tanti ruoli decisivi, da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio a viceministro dell'Interno e della Difesa. La Calabria intera e il Paese gongola nel rivedere al rallenty le azioni salienti del suo fuoriclasse, sempre determinante nel portare alla vittoria la sua regione d'origine. Peccato che questi highlights debbano ancora essere montati (pare che il filmato non durerebbe più di un secondo, troppo poco per mandarlo in tv). Conferme anche per Doris Lo Moro, classe '55, deputata dal 2008 ( altra eletta nell'anno della sconfitta per il Pd) nelle file dell'opposizione, ex magistrato, ex sindaco di Lamezia Terme, ex consigliere regionale durante la giunta Loiero. Subito dopo troviamo l'ex coordinatore del partito provinciale cosentino Bruno Villella (voluto dall'allora commissario regionale Adriano Musi; si, il Pd ha questa dote di commissariarsi da solo) e gli "stranieri" Angelo Argento e Micaela Fanelli. Il primo, ennese, esponente della corrente Letta (Enrico, quello del Pd, non suo zio Gianni del Pdl) tra un cannolo siciliano e una cassata, dovrà abituarsi presto alla pitta nchiusa calabrese; la seconda, molisana, attuale sindaco del comune di Riccia, capogruppo (anzi mono, dato che è soltanto lei a comporre il gruppo "Fanelli per la Provincia di Campobasso) al consiglio provinciale e con una recente esperienza nello staff del presidente della Regione Basilicata. Speriamo che i due non soffrano troppo la "saudade" delle rispettive regioni d'appartenenza. Ultimo ma non ultimo, troviamo Francesco De Nisi, al suo secondo tentativo di sfondare in Parlamento ( il primo, nel 2006, andò male nonostante la vittoria risicata de L'Ulivo), convinto di farcela e rafforzato dalla sua esperienza di amministratore locale. De Nisi, infatti, è stato Presidente della Provincia di Vibo Valentia, dimissionario nell'ottobre 2012  proprio per candidarsi alle politiche, lascia l'Ente nelle mani di un commissario prefettizio e in una situazione finanziaria a rischio dissesto. La squadra così composta è pronta per giocare all'attacco la finalissima, ma attenzione perché da questa formazione così sfrontata una delle leggi che potrà venire fuori è quella del gol.

lunedì 7 gennaio 2013

I quindici minuti di celebrità della Calabria



Andy Wahrol aveva proprio ragione. Ognuno avrà i suoi quindici minuti di celebrità. Persino noi calabresi siamo entrati nei pensieri dei palazzi romani, quelli parlamentari per intenderci, non certo quelli regalati " a loro insaputa". Già. La Calabria, come la Basilicata, esiste e riesce a far parlare di se anche senza l'ennesimo delitto di 'ndrangheta da sbattere in prima pagina. Basta che in prospettiva si accendano i semafori della competizione elettorale che d'improvviso la Salerno-Reggio Calabria diventa la tratta più frequentata delle auto blu, nonché  solito problema da risolvere al più presto (un evergreen intramontabile). Ma ogni buona regola ha sempre la sua eccezione e in questo caso gli onorevoli giocano d'anticipo e scoprono subito la carta calabrese nelle stanze di Montecitorio. Il primo a partecipare è nientepopodimenoche Pierluigi Bersani, leader del Partito Democratico che, insieme ad altri colleghi di partito, presenta alla Camera dei Deputati una mozione sulla Calabria (31 luglio 2012). Le premesse sono da brivido per chi non le vivesse già sulla propria pelle: "Il contesto recessivo- recita la mozione- che investe l'economia dell'Occidente e il Paese, rischia di travolgere in maniera più incisiva le regioni del Mezzogiorno e, in particolare, la Calabria". E ancora "il dato occupazionale desta maggiore preoccupazione se si considera che il tasso di disoccupazione complessivo della Calabria (19,5 per cento) è circa il doppio della media nazionale (10 per cento) e cresce, in particolare, per le donne". Infine si cita un quadro sintetico di performance del Sole 24 ore in cui la Calabria è all'ultimo posto "con un indice pari a 11,71 significativamente distante dalla Basilicata (22,94), dalla Campania (24,62), dalla Sicilia (26,06) e dalla Sardegna (40,99)". Tutto vero e i calabresi lo sanno bene già da qualche decennio. Ma non contenti di tanta attenzione i nostri onorevoli raddoppiano e presentano una mozione di contenuto quasi identico ma di colore opposto. E' il Popolo della Libertà, questa volta, a firmare il suo atto calabro in persona del suo capogruppo Fabrizio Cicchitto, seguito ovviamente a ruota dagli altri esponenti di partito. Le premesse sono simili a quelle del Pd, senza dimenticare una menzione alla " giunta che oggi guida la regione Calabria impegnata in un progetto di riforma che prevede, tra le altre cose, il recupero del gap economico innanzitutto attraverso il taglio degli sprechi nel settore sanitario e quello degli enti sub regionali inutili". Lo stesso giorno, precisamente il 10 settembre 2012, anche l'Udc di Casini presenta la sua mozione sulla Calabria seguita a ruota da alcuni appartenenti al gruppo misto capitanati da Aurelio Misiti (Grande Sud) che depositano orgogliosamente la propria allargandola anche all'intero Mezzogiorno (altrimenti che Grande Sud sarebbe). Quella presentata successivamente da altri onorevoli del gruppo misto è davvero strappalacrime: Francesco Nucara (Repubblicani-Azionisti) cita il lucido realismo di Corrado Alvaro con la sua massima "la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile". Tutti affranti, preoccupati, avviliti per le sorti di una regione che necessita di immediati e tempestivi interventi in suo soccorso. Così urgenti che alla fine della discussione di ogni mozione presentata (anche da parte dell'Idv e di  Futuro e Libertà) la Camera rinvia ad altra seduta senza esprimersi. Effettivamente, lo strumento utilizzato qualcosa doveva pur suggerire. La mozione, infatti, non è altro che un atto di indirizzo al governo affinché provveda (non è detto  nè quando, né come). Per le urgenze, quelle vere o ritenute tali, il Governo si esprime per decreto e chi meglio dei partiti di maggioranza (in quel momento Pd-Pdl-Udc) possono suggerirlo o addirittura dettarlo ai propri ministri? Ma in un sussulto o rigurgito di amore calabro i nostri parlamentari ci riprovano e in meno di un mese modificano le proprie mozioni e le abbinano in un unico atto. Eureka. Ma non fai in tempo ad esultare per questo duro lavoro di dialogo tra esponenti di schieramenti opposti che subito ti deprimi per gli esiti e quasi quasi preferivi le premesse strappalacrime di prima. Tra gli obiettivi fissati nell'atto depositato in parlamento troviamo ad esempio  "un tavolo permanente Cipe-regioni del Mezzogiorno e Trenitalia o altri concessionari, per promuovere un efficace monitoraggio della qualità del servizio di trasporto passeggeri di media e lunga percorrenza". Qui tutti a subire gli ennesimi tagli dei treni e loro promuovono tavoli e monitoraggi. Stiamo ancora ai monitoraggi! E poi ancora punto 2) "Porre in essere tutte le iniziative necessarie (quali?) per rispettare gli impegni assunti dal Governo (ma se sono già assunti che motivo c'è di assumere iniziative?), di concerto con la società Anas spa, affinché l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, relativamente alla parte già cantierata, sia completata entro il 2013, e a promuovere l'avvio della realizzazione degli ultimi 59 chilometri". Che vi dicevo? La Sa-Rc è un cavallo di battaglia. Non è finita qui. Punto 3) "Assumere in tempi ragionevoli una posizione definitiva in merito al progetto del ponte sullo Stretto". E mentre lor signori decidono "ragionevolmente" quale posizione intraprendere, l'Europa ha già tolto dalle priorità il Ponte,  sobbarcando, però, sulle casse dello Stato e dei cittadini quel carrozzone messo in piedi per la sua realizzazione (300 milioni di euro spesi fino ad oggi dal 1981). Punto 4) "Finanziare il programma straordinario per gli uffici giudiziari e la polizia giudiziaria della regione Calabria (omissis) tenuto conto del nesso particolarmente stretto tra sviluppo economico-territoriale e legalità, adeguati presidi di legalità, anche con riferimento al complesso della rete dei tribunali calabresi". Qui siamo alla schizofrenia vera e propria: prima si tagliano i tribunali calabresi (con decreti approvati dagli stessi parlamentari) e poi si suggerisce velatamente di ripristinarli. Seguono una serie di proposte da libro dei sogni, talmente urgenti da rimanere elatamente di ripristinarli.gi dal 1981).ozzone per la sua realizzazionelto dalle priorità il Ponte, latamente di ripristina lettera morta, data la mancata approvazione della mozione, con il Governo ormai dimissionario e le Camere ad un passo dallo scioglimento. Eppure la partita giocata in parlamento sarà molto utile nel corso della campagna elettorale da tutti gli schieramenti politici che potranno prendersi i meriti di aver presentato la mozione pro-Calabria (in una regione indecisa come la nostra che potrà essere l'ago della bilancia della contesa) e addossarsi l'un l'altro le responsabilità della mancata attuazione. Un po' come succede con il trucco delle tre carte, con tanto di finto concorrente per invogliare ancora di più i polli da spennare, dove si svolazza sotto il naso la finta carta vincente e si tiene in mano quella vera: la rielezione in parlamento.

sabato 5 gennaio 2013

Misiti, l'onorevole a progetto



Di nuovo elezioni. Per la terza volta in poco più di un anno Catanzaro si appresta ad esprimere il suo voto anche se solo per otto sezioni. E come ogni tornata elettorale non può mancare la discesa (o la salita, fate voi) sui tre colli dei parlamentari appartenenti ai diversi gruppi politici pronti a sostenere le ragioni di questo o quel candidato. Una tradizione, quasi un'usanza ormai che "ognuno 'adda fa chesta creanza", rinnovata non nel giorno dei defunti ma in quello dei rimembrati, ossia di coloro i quali si ricordano del collegio in cui furono eletti guarda caso ad ogni scadenza elettorale. Ieri è stato il turno di Aurelio Misiti, esponente del neo partito "Grande Sud" , sceso nel capoluogo di regione per sostenere la candidatura a sindaco di Sergio Abramo. Un appoggio del tutto legittimo da parte dell'onorevole di Melicucco non nuovo a questo tipo di situazioni, il quale si schierò apertamente a fianco di Michele Traversa in una conferenza stampa catanzarese dopo aver votato la fiducia dell'ansimante Governo Berlusconi nel 2011. Un fedelissimo di centrodestra, verrebbe da pensare, dati anche i suoi trascorsi di ex assessore della giunta calabrese targata Chiaravalloti e di ex Vice Ministro alle infrastrutture e ai trasporti dello stesso esecutivo guidato dall'uomo di Arcore (questo è il curriculum evidenziato su alcuni siti d'informazione locali). Ed invece anche i più smemorati ricorderanno che l'onorevole Misiti fu eletto sia nel 2006 che nel 2008 nel partito dell'Idv guidato dallo spauracchio Antonio Di Pietro. Che il Tonino nazionale abbia qualche problema nello scegliersi i candidati è un fatto ormai evidente così com'è noto il suo trascorso nella magistratura prima di entrare in politica. Ma evidentemente il suo ex compagno di partito Misiti lo ha dimenticato e proprio ieri a Catanzaro dichiarava che "la politica e le istituzioni non possono essere consegnati ai magistrati, anche quelli amministrativi". Dettagli, piccoli peccatucci di incoerenza che nulla possono contro la linearità di un uomo politico che poco più di un anno dopo dalla sua seconda elezione si dimetteva dall'Italia dei Valori per confluire nel gruppo misto e, dopo una breve parentesi nel Movimento per le Autonomie guidato da Raffaele Lombardo, si presentava in parlamento per firmare la mozione di sfiducia nei confronti del capo del governo Silvio Berlusconi. Epperò, il nostro onorevole, dopo aver riflettuto, ci ripensa e nottetempo vota la fiducia ottenendo qualche giorno dopo l'incarico di vice ministro tanto atteso. Già, perchè Misiti nel frattempo aveva mandato chiari messaggi al leader del Pdl, promettendo amore eterno (si fa per dire) in cambio di un incarico istituzionale. Detto- fatto! Il 2011 è anche l'anno di adesione al gruppo parlamentare "Repubblicani- Azionisti", mentre il 2012 segna la svolta del passaggio di Misiti nel gruppo "Grande Sud" in cui vota a favore di quasi tutti i provvedimenti del governo Monti. Secondo i rumors di palazzo il nuovo Grande Sud, guidato da Gianfranco Miccichè, sarà una lista collegata al Pdl alle prossime elezioni politiche e tra i suoi possibili candidati ci potrebbe essere spazio anche per Marcello Dell'Utri, co-fondatore di Forza Italia e devoto stimatore di Vittorio Mangano definito "un eroe". Anche Gianfranco Miccichè non scherza mica con le dichiarazioni provocatorie preferendo Archimede a Falcone e Borsellino nell'intitolazione dell'Aeroporto di Palermo perchè "è meglio presentarsi ai turisti con figure positive". Entrambi saranno (su Dell'Utri ancora manca l'ufficialità) i compagni di viaggio di Aurelio Misiti, il cui passato di parlamentare si era segnalato positivamente come co-firmatario di un disegno di legge (DDL Lazzati) approvato poi in parlamento sul divieto di propaganda elettorale dei condannati per mafia. E mi raccomando non dite al presidente Berlusconi che il nostro Misiti ha avuto anche un passato (anni '70) nelle file di quei comunisti dispensatori di terrore e morte o ancora peggio non ditegli che lo stesso è stato dirigente nazionale di quella CGIL a lui tanto avversa. Le bandiere e le barriere ideologiche, infatti, non fanno parte del pensiero Misiti che preferisce, invece, andare a "progetto". Il problema, tuttavia, è stabilire quale e soprattutto quanto durerà.