giovedì 26 luglio 2012

Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene.


Non so se sia stata spinta dalla sua classe politica o abbia spiccato il volo in preda ad un raptus di suicidio collettivo dei suoi cittadini, ma una cosa è certa: Catanzaro sta precipitando verso il fondo. Sembra di riascoltare la frase del film “L’odio”, in cui si narra la storia di un uomo che per infondersi coraggio, mentre cade da un palazzo di cinquanta piani , ripete a se stesso la frase “Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene”. E chi pensava che l’ombra dei brogli elettorali e dei voti comprati alle ultime elezioni fosse il punto più basso per Catanzaro, dovrà ricredersi: in realtà non è altro che lo slancio verso il vuoto. Nemmeno il tempo di sedersi sulla poltrona di Palazzo De Nobili, infatti, che il sindaco Sergio Abramo, in qualità di Presidente della Sorical, viene raggiunto da un avviso di garanzia inviato dalla Procura di Vibo Valentia per l'inchiesta sull'acquedotto 'Alaco' (sottoposto a sequestro) in cui si contestano i reati di avvelenamento colposo di acqua e frode in pubbliche forniture in concorso con altri dirigenti della stessa società. Il sindaco Abramo dichiarerà la sua estraneità ai fatti non avendo alcuna responsabilità gestionale diretta.
“Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene”
Intanto, i lavori al Comune di Catanzaro proseguono e, nonostante il sequestro delle schede elettorali e un’indagine a carico di un neo-eletto, il Consiglio vota il suo Presidente e in breve successione il suo vice. Il primo è Ivan Cardamone che alla carica di presidente aggiunge quella di consigliere provinciale, senza dimenticare il suo trascorso di consulente per l’Assessore Regionale al Personale, Mimmo Tallini; il secondo è Tommaso Brutto, anch’egli consigliere provinciale, con una condanna in primo grado per truffa ai danni di entrambi gli enti in cui è stato eletto. Tallini dicevamo: anche il dominus di Palazzo De Nobili è ben presto indagato per abuso di ufficio, in qualità di Assessore regionale, nell'inchiesta relativa alla nomina di Alessandra Sarlo a dirigente generale del Dipartimento controlli della Regione Calabria. Durante l’interrogatorio in Procura, Tallini chiarisce che la nomina in questione è stata compiuta attraverso un atto collegiale, cioè espressione dell’intera giunta regionale. In questo caso, Tallini ha pienamente ragione, ma più che dell’eventuale abuso sulla nomina, è importante soffermarsi sulla nominata. Alessandra Sarlo, infatti, è moglie del giudice Vincenzo Giglio, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, arrestato per corruzione, favoreggiamento personale, rivelazione del segreto d’ufficio con l’aggravante di aver agevolato le attività della ‘ndrangheta, in un’inchiesta diretta dal Procuratore aggiunto milanese, Ilda Boccasini. Secondo gli inquirenti, il giudice avrebbe favorito un esponente del clan Valle-Lampada, per ottenere in cambio “spinte” di carriera per la moglie. Tra gli arrestati nella stessa inchiesta c’è soprattutto il consigliere regionale, Franco Morelli, esponente della lista “Scopelliti Presidente”, ritenuto il trait d’union tra politica e ‘ndrangheta.
Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene
Intanto, in un famoso hotel del capoluogo di regione, la lista “Scopelliti Presidente” annuncia trionfalmente nuove adesioni da parte di molti sindaci della provincia catanzarese. Evidentemente nella città dell’Istmo non arrivano le notizie provenienti dallo Stretto (sarà per le continue interruzioni della Sa-Rc) da cui parte il rinvio a giudizio proprio a carico del Presidente Scopelliti, il quale sarà processato per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. L’inchiesta nasce dal cosiddetto “caso Fallara” in cui emerge, dalla relazione dei periti della Procura, un disavanzo per la casse comunali di Reggio Calabria di 87 milioni di euro. Ma Scopelliti non è nuovo dal frequentare i tribunali, e ricorderà benissimo il suo ulteriore avviso di garanzia emesso dalla Procura della Repubblica di Catanzaro per atti compiuti nell'esercizio del suo ruolo di Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro della sanità. Già, il piano di rientro sanitario. Ogni volta che Giuseppe Scopelliti rientra dai suoi continui viaggi romani è raggiante per i successi ottenuti al cosiddetto “Tavolo Massicci”. E sarà per questi continui trionfi che i circa trecento lavoratori, tra medici, infermieri e personale interno della Fondazione Campanella protestano ad oltranza sul tetto del Policlinico Universitario, sfidando i quaranta gradi sotto il sole e rischiando il collasso. Mai dimenticare, però, l’artefice di questo mostro giuridico (non certo sanitario) chiamato Fondazione Campanella, che risponde al nome di Agazio Loeiro, l’ex presidente della Regione che recentemente ha annunciato il suo ritiro dalla politica attiva (restando saldamente in consiglio regionale) per poi pentirsene e candidarsi al posto di Raffaele Lombardo alla guida del Movimento per le Autonomie.
“Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene”
Si continua a scendere di piano e Catanzaro accelera la sua caduta scoprendo i suoi debiti attraverso la recentissima deliberazione della Corte dei Conti ( che già nel 2010 accertava una cattiva gestione dei conti pubblici). Un buco di circa 36 milioni di euro, una totale incapacità a recuperare i crediti derivanti dall’evasione, una gestione fallimentare delle partecipate che a fronte di servizi scadenti riescono ad accumulare passività di anno in anno. Ironia della sorte, il debito più elevato ( 21 milioni di euro) il Comune di Catanzaro lo deve proprio alla Sorical (messa in liquidazione) per la fornitura di acqua fino al 2004. E cosa farà ora Sergio Abramo? Chiederà il conto da presidente della Sorical o chiederà un rinvio del pagamento da sindaco di Catanzaro? Ma addossare la colpa di tutto ciò ad Abramo sarebbe davvero ingeneroso. Evidenti responsabilità sono da attribuire anche all’ex sindaco, Rosario Olivo, la cui gestione fallimentare della città è sotto gli occhi di tutti, senza dimenticare i sette mesi di Michele Traversa. Entrambi continuavano a ricapitalizzare con fondi comunali le partecipate, nominando i propri amministratori, senza pretendere da questi veri e propri piani di risanamento delle società da essi gestite. Una nomina, in particolare, spicca per modalità e tempistica: quella voluta dalla giunta Olivo che negli ultimi giorni di mandato elettorale incaricava Giuseppe Grillo quale amministratore della “Catanzaro Servizi”. E proprio su questa società, la Corte dei Conti chiede a gran voce di fornire chiarimenti, date le notevoli discrasie tra i crediti registrati nelle scritture contabili della Spa e quelle riportate a bilancio del Comune, proprietario al 100 % della Catanzaro Servizi. Giusto per non farsi mancare nulla, Giuseppe Grillo è rinviato a giudizio, in qualità di amministratore unico della Sial Service srl, con l'accusa di abuso d'ufficio a seguito di un'inchiesta sulla gestione dello Spisal, il Servizio di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro dell'Azienda sanitaria di Catanzaro. Nello stesso giorno, sempre Grillo è raggiunto da un avviso di garanzia nell’intricata inchiesta relativa al Parco Romani, in cui tra gli altri indagati figurano anche il presidente di Confindustria Calabria,Giuseppe Speziali, il presidente dell'associazione degli industriali di Catanzaro, Giuseppe Gatto, l’ex consigliere comunale e amministratore delegato della società Parco Romani, Francesco La Cava, il presidente dell'Ordine degli architetti e tecnico del Comune di Catanzaro, Biagio Cantisani, la dirigente comunale Alba Felicetti e lo stesso ingegnere Romani.
“Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene”
E mentre Catanzaro precipita, le altre città non stanno certo a guardare, approfittando del momento di debolezza del capoluogo di regione per affondare i propri colpi campanilistici. Da Reggio arriva il taglio del nastro del nuovo centro di Cardiologia che costituisce, dichiara Scopelliti, “un altro passo in avanti significativo che spero ci porti, in tempi brevi, all'avvio di Cardiochirurgia”. Sempre da Reggio Calabria parte l’iniziativa di distaccare una sede dell’Accademia di Belle Arti nella città di Crotone, sminuendo e by-passando la sede storica catanzarese. Sull’asse Cosenza- Roma, invece, viaggia un’improbabile intesa per portare la facoltà di Medicina e Chirurgia tra i cubi dell’Unical di Arcavacata. Una moltiplicazione di sedi che oltre al danno suonano come una vera e propria beffa per Catanzaro che ha già sacrificato sull’altare della spending review la sua sede di Scuola di Magistratura a vantaggio della piccola città di Scandicci.
Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”.

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