sabato 9 febbraio 2013

La legislatura è finita, andate in pace.

E' finita. Dopo cinque anni di polemiche, tribolazioni e scandali, più che di leggi, norme e regolamenti, anche la XVI legislatura giunge al termine. Cinque anni di governo, di cui quattro interamente condotti da Silvio Berlusconi e dalla sua schiacciante maggioranza, e l'ultimo diretto dai cosiddetti "tecnici", guidati da Mario Monti, e sostenuti dall'insolita triade partitica PD-PDL-UDC. Al termine di questa lunga corsa, è ora possibile stilare un bilancio dell'attività parlamentare, grazie all'accurato rapporto "Camere Aperte" messo a disposizione dall'associazione Openpolis. Quarantadue pagine ricche di numeri, analisi, tabelle, flussi e dati estratti dall'attività quinquennale del Parlamento, in cui emerge una verità inconfutabile da sbattere in faccia alle tante menzogne che propinano a destra e sinistra.
Il governo non ha poteri. Falso!
Il primo a pronunciare questa enorme balla è Silvio Berlusconi, seguito a ruota da quanti ritengano urgente una modifica della Costituzione che dia al premier (la cui figura in Italia non esiste, sia chiaro!) e al suo governo maggiori poteri. La verità è che otto leggi su dieci sono di iniziativa del Governo, nella forma del Decreto Legge e del Disegno di Legge,  con una probabilità (34%) di approvazione ampiamente superiore rispetto al singolo parlamentare (le cui probabilità di approvazione di un DDL si fermano all'1%). I cittadini, invece, hanno zero possibilità nel vedere approvata (o anche discussa) una legge di iniziativa popolare. Numeri che dimostrano chiaramente - afferma il rapporto- di come "il potere legislativo si sia progressivamente trasferito nelle mani dell'Esecutivo, lasciando al Parlamento il ruolo della ratifica, e nei migliori casi, del controllo". Se ancora non siete convinti che il potere è quasi interamente nelle mani del Governo piuttosto che del Parlamento, basta consultare le percentuali di approvazione delle leggi: su 397 approvate durante la legislatura, 297 sono di iniziativa dell'Esecutivo e solo 90 di iniziativa parlamentare. Ad aggravare ulteriormente le cose è il ricorso spasmodico alla "fiducia" che il Governo sottopone alle Camere all'atto della presentazione di una legge. Ciò comporta una sorta di aut-aut nei confronti dei parlamentari: o mi voti il provvedimento così com'è o il Governo cade e torniamo tutti a casa (forse). E scommettiamo che il povero onorevole (si fa per dire), già sottoposto agli ordini di partito, risponderà favorevolmente al diktat dell'Esecutivo per paura di perdere la pensione e magari anche la futura candidatura alle prossime elezioni?
La lentezza del Parlamento. Falso!
Una delle motivazioni fornite dai vari governi per giustificare il frequente ricorso alla fiducia è la lentezza del Parlamento nel valutare e votare le leggi. Troppo tempo, infatti, impiegherebbero gli onorevoli nell'emendare, discutere e finalmente approvare o respingere un disegno di legge. Il Paese è lì, con i suoi problemi, e non può certo aspettare la lentezza delle Camere. Anche quest'affermazione si rivela del tutto falsa. La rapidità o la lungaggine nel trasformare in legge un provvedimento dipende esclusivamente dal contenuto del provvedimento stesso. Basta osservare la classifica della tempistica di approvazione di una legge, stilata dal rapporto, per rendersene facilmente conto. Tra le leggi "lepre" troviamo lo svolgimento del referendum 2009 ( approvata in 6 giorni), la Manovra Correttiva 2011 (8 giorni), la Manovra Salva Italia (16 giorni), il Lodo Alfano (20 giorni), Missioni Militari all'estero (21 giorni) e cosi via. Tra le leggi lumaca, invece, troviamo stranamente la Convenzione Internazionale Anticorruzione (1456 giorni), il contrasto all'usura e all'estorsione (1357 giorni), il riconoscimento dei figli naturali (1259 giorni) e persino la disciplina del prezzo sui libri (1140 giorni). Certo, per le norme anti-corruzione il Paese può aspettare, mentre dal Lodo Alfano non si può proprio prescindere!
L'opposizione intransigente. A chi vuoi sbranare?
Dai toni accesi di questa campagna elettorale e dalle risse mediatiche andate in scena in passato su tutti i canali di informazione, sembra quasi ci sia una frattura insanabile tra i diversi schieramenti politici,  fino a pochi mesi fa divisi tra maggioranza e opposizione in Parlamento. Sembra, appunto. Perché quando dalle parole si è passato ai fatti, e dagli studi televisivi ci si è trasferiti alle Camere, il discorso è cambiato notevolmente. Tralasciando per un attimo la parentesi lunga un anno di una maggioranza composta da  Pdl, Pd e Udc, ci concentriamo sull'apparente contrasto maggioranza-opposizione durante il governo Berlusconi. Afferma il già citato rapporto, che molto spesso si è verificata l'eventualità per l'opposizione di battere la maggioranza per assenze e impegni tra i suoi appartenenti. Tuttavia, nel momento decisivo la minoranza non ha sfruttato a dovere tali assenze, non andando a votare in numero sufficiente per respingere il provvedimento.  E' davvero interessante scorrere i nomi dei parlamentari che con i loro voti e le loro assenze hanno salvato il governo Berlusconi: al primo posto, tra i deputati troviamo Pierluigi Bersani, seguito dagli onorevoli Antonio Gaglione (Gruppo Misto), Antonio Di Pietro (Idv), Lapo Pistelli (PD) e Massimo D'alema (PD). Tra i senatori, in vetta a questa particolare classifica, troviamo Emma Bonino (Radicali- PD), tallonata da Umberto Veronesi (PD), Sergio Zavoli (PD), Franco Marini (PD) e Felice Belisario (Idv). 
I transfughi: l'unica certezza è quella di non sapere...a chi appartenere.
Unica certezza di questa legislatura è stato il continuo cambio di casacca per gli onorevoli che, eletti nelle file di un partito, hanno pensato bene di trasferirsi in un altro, per poi fare ritorno alla casa madre, o ancora confluire nel gruppo misto o creare a loro volta gruppi parlamentari ad hoc, del tutto sconosciuti al momento delle elezioni. Alla Camera sono 121 i deputati transfughi, 29 dalla maggioranza all'opposizione, 10 a dall'opposizione alla maggioranza, 17 coloro che ci hanno ripensato (abbandonando il proprio schieramento per poi farci ritorno). Al Senato, invece, sono stati "solo" 58 i transfughi, 11 dalla maggioranza all'opposizione, 2 a fare il percorso inverso, e 2 pentimenti.
Purtroppo, però, conoscere e ricordarsi di tali imprese serve davvero a poco. La legge elettorale (la cosiddetta porcata è ancora in vigore) non consente di esprimere preferenze sui prossimi candidati in Parlamento e l'ennesima beffa che si prospetta davanti ai cittadini è di rivedere, al Senato e alla Camera, i protagonisti di questo sfascio. E allora, avanti un'altra...legislatura!

Nessun commento:

Posta un commento