venerdì 26 ottobre 2012

Riordino delle Province, le parole stanno a zero.

E adesso dimettetevi tutti! E' la prima e spontanea considerazione che mi sovviene leggendo l'ordine del giorno approvato quasi all'unanimità (unico voto contrario quello del Consigliere Giuseppe Giordano, Idv) dal Consiglio Regionale della Calabria sul riordino delle Province. Per capire, però, a cosa sia dovuta l'escalamazione iniziale occorre fare un piccolo passo indietro, precisamente al 22 ottobre, data di convocazione congiunta delle assemblee consiliari comunali e provinciali di Catanzaro. Nelle sale della Provincia andava in scena, infatti, la passionale discussione sulla riduzione degli enti intermedi a cui partecipavano anche esponenti del consiglio regionale calabrese del calibro di Mimmo Tallini (assessore al personale regionale), Piero Aiello ( assessore all'urbanistica) e Enzo Ciconte. Tutti d'accordo sul fatto che l'eventuale e forzosa riduzione delle Province dovrebbe prevedere il ritorno alle origini, ovvero l'accorpamento di Vibo Valentia e Crotone alla Provincia "madre" Catanzaro, e per mettere nero su bianco tali intenti spunta  fuori anche un documento firmato dai consiglieri regionali Tallini, Aiello, Parente, Magno, Principe, Amato e Loiero. Un accordo bypartisan, dunque, per scongiuare l'ipotesi di un accorpamento di Crotone con Cosenza e risconocere al capoluogo di regione i suoi due vecchi territori. Non poteva mancare, ovviamente, l'intervento del sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, che con veemenza e quasi urlando dichiara la propria indignazione per una tale eventualità. "Dimettiamoci tutti" - ha tuonato il primo cittadino, dichiarandosi stufo delle belle parole e invocando l'abbandono dei partiti e invitando la gente a non andare a votare alle prossime elezioni qualora passasse questo tipo di suddivisione che penalizzerebbe Catanzaro. "Con la suddivisione delle Province, in passato, abbiamo indebolito le associazioni industriali. Stessa cosa -sottolinea Sergio Abramo- accade per la Camera di Commercio e la Questura. Saremmo soprattutto debolissimi nella ripartizione dei fondi"(Il Quotidiano della Calabria - pag.29 del 24/10/2012). Applausi scroscianti per l'intervento del sindaco che raccoglie consensi e sorrisi anche da molti componenti del consiglio regionale. Si passa alla votazione e i due consessi riuniti esprimono, tuttavia, un documento che prevede il mantenimento delle cinque province e, solo in caso di bocciatura del ricorso alla Corte Costituzionale, il ritorno alla provincia madre. Tralasciamo per un attimo la coerenza di Sergio Abramo che prima parla di indebolimento a causa della passata suddivisione e poi si vede approvare dal suo consiglio il mantenimento delle stesse e arriviamo al giorno della seduta in consiglio regionale. I consiglieri catanzaresi sono tutti uniti finalmente dal documento approvato il giorno prima, salvo qualche piccola esclusione, e si preparano ad affrontare la battaglia per la difesa del capoluogo. Ma qualcosa va storto e dopo cinque ore di intenso lavoro il Consiglio Regionale della Calabria approva un ordine del giorno in cui chiede  semplicemente la deroga al Governo al fine di mantenere le attuali  cinque province (Vibo Valentia e Crotone comprese). E dov'è finito l'eventuale ritorno alla provincia madre in caso di accorpamento? Ritirato! Lo spiega l'assessore Tallini dichiarando,inoltre, che è stato costretto a farlo per non rompere l'unità del Consiglio Regionale. Il Governo, quindi, nel redigere il decreto di riduzione delle Province dovrebbe fare un'eccezione per la Calabria. Forse perchè è una regione più simpatica delle altre e merita questo trattamento di favore. O forse perchè come dice Loiero " alcuni equilibri territoriali sono ormai ampiamente consolidati". E' del tutto evidente, tuttavia, che qualora la deroga venisse concessa alla Calabria con il mantenimento delle cinque province, stessa cosa dovrebbe attuarsi con le altre regioni con buona pace del decreto di rimodulazione e riduzione delle spese. Ma c'è un aspetto importante, tralasciato da qualcuno, che fa sorridere giusto per non piangere. Nell'ormai celebre Consiglio dei Ministri del 20 luglio, oltre a decidere i criteri per la ripartizione delle province, il Governo affidava al Consiglio delle autonomie locali di ogni Regione il compito di deliberare in merito, cioè di prendere una decisione nel rispetto delle volontà territoriali ( non il Consiglio Regionale, dunque, men che meno quelli provinciali e comunali che non hanno nessuna competenza in merito). Peccato che l'unica regione in Italia a non avere il Cal ( Consiglio delle autonomie Locali) è proprio la Calabria. E dire che tale organo è riconosciuto a livello costituzionale (dopo la riforma del 2001) all'art. 123 della nostra Carta. Con "soli" undici anni di ritardo i nostri rappresentanti in regione si accorgono della mancanza di questo organo e solo a settembre del 2012 presentano una proposta per la sua istituzione con conseguente e frettolosa approvazione nel mese successivo (1 ottobre 2012). Tutto pronto, dunque, ma manca ancora un tassello alla formazione del Cal- Calabria: il suo presidente. E circolano voci sull'imminente elezione di Sergio Abramo quale  massimo esponente dell'organo di raccordo tra regione e enti territoriali. Lo stesso Abramo che ha minacciato le dimissioni collettive qualora passasse questo tipo di riordino. Staremo a vedere, ma visto il primo round consumato in regione, il futuro non promette nulla di buono. O forse si?

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